Usa, la giornalista Premio Pulitzer lascia Twitter: “Ormai è solo il videogioco dei rabbiosi”

Maggie Haberman, corrispondente del Nyt da Washington, con un lungo editoriale annuncia che abbandona il social network: “Cattiveria, sessismo, disonestà partigiana sono arrivate ad un livello insostenibile”. La risposta di Dorsey: “Cambieremo”

Diciotto mesi e 187 mila tweet dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, la corrispondente della Casa Bianca per il New York Times Maggie Haberman, dice basta. E con un lungo editoriale sul suo giornale annuncia: “Lascio Twitter. Non fa più per me”. Sì, la giornalista parte del team del Nyt premiato col Pulitzer 2018 per le inchieste sul Russiagate – compresa quella dove svelava che la fedeltà dell’ex avvocato di Donald Trump non andava data per scontata visti i maltrattamenti che il tycoon da sempre gli riservava – e proprio per questo definita ripetutamente da The Donald “reporter di terza categoria” è stanca della violenza a 160 caratteri che ormai impera sulla piattaforma digitale. E lo scrive nero su bianco: “Ormai è il videogioco dei rabbiosi. Continuerò ad usarlo per le breaking news, unico uso sensato che se ne può fare. Per il resto, mi tiro fuori». Per nove anni utilizzatrice sfrenata, sempre pronta a dare notizie, ma anche a ritwittare, rispondere, ribattere, ha meditato a lungo la sua scelta: “Twitter ha smesso di essere il luogo dove scoprire quel che non sappiamo, raccogliere informazioni libere da errori su storie in divenire o impegnarci in discussioni pensando che le critiche ricevute siano in buona fede” scrive. Spiegando che dopo averne a lungo apprezzato la capacità di far circolare storie e comunicare direttamente con fonti e lettori, ora non ci crede più. Non solo perché “nell’era di Trump, i cicli di notizie durano tre ore”. Ma anche perché: “La piattaforma è cambiata. Cattiveria, rabbia tossica partigiana, disonestà intellettuale, sessismo sono a livelli mai visti prima. La libertà di espressione ormai è sinonimo di livore”. All’accorato editoriale ha provato a dare una risposta Jack Dorsey, 41 anni, Ceo di Twitter. Che, manco a dirlo con un tweet riconosce a Maggie Haberman  che le sue “critiche sono oneste”. Ammette che la piattaforma “non ha sfumature”. E che “tutti si sentono esperti allo stesso modo”. Ma ritiene ancora possibile una soluzione: “Dobbiamo studiare strumenti che aiutino a determinare le voci credibili in tempo reale. Sono complicate da realizzare ma credo che con un mix di algoritmi e network umano ce la possiamo fare”. Finendo per promuovere la piattaforma sotto accusa: “Ce la possiamo fare”.

Anna Lombardi, Repubblica
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