Per il vicepremier il testo si può migliorare in Parlamento per «eliminare qualche scartoffia burocratica che danneggia le imprese” ma sul resto il M5S non arretrerà
«Non credo ci sia bisogno di mettere la fiducia sul decreto Dignità». Il ministro del ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico, Luigi Di Maio, sceglie i microfoni di Radio1 per lanciare un messaggio al mondo delle imprese che hanno duramente criticato il provvedimento e anche per stoppare sul nascere l’offensiva di Forza Italia che punta a dar voce in Parlamento a quel dissenso e si sta muovendo per trovare una sponda nella Lega. Per Di Maio, allora, il può migliorare ad esempio cominciando «a dare una stretta anche sulle concessioni, non solo sulla pubblicità del gioco d’azzardo» e si dice convinto che il Parlamento debba «avere la possibilità di discutere e migliorare il provvedimento». Ma il vice-premier fissa anche i confini di questo confronto e lo fa da capo politico del M5S perché «migliorare significa aggiungere e non annacquare» . Dunque ben vengano degli emendamenti «per eliminare qualche altra scartoffia burocratica per le imprese o aumentare le pene per le aziende che delocalizzano». Di Maio, poi, esclude che ci possano essere ricadute negative sull’occupazione «perché incentiviamo il tempo indeterminato e l’obiettivo principe è diminuire il costo del lavoro». E per quanto riguarda la riduzione del cuneo fiscale «sarà in legge di Bilancio».
Migranti e regole d’ingaggio
Nel corso dell’intervista a Radio1 il vicepremier ha anche affrontato la questione dei migranti e lo scontro tra il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e il ministero della Difesa sul soccorso in mare da parte di una nave militare irlandese. Dal suo punto di vista «finché la missione Eunavformed rimane in piedi, i porti sono quelli italiani ma l’obiettivo è cambiare le regole di ingaggio».
La Stampa