Da Bruxelles è in arrivo un gettone da oltre due miliardi, un aumento del 6% di fondi strutturali in più rispetto al passato. Tagli per Ungheria e Polonia
Dall’Europa sono in arrivo più soldi per l’Italia, un gettone da due miliardi e rotti di euro, un aumento del 6% di fondi strutturali in più rispetto al passato. Notizia positiva (purché l’Italia impari a spenderli) considerando il taglio ai fondi di coesione previsto dal prossimo bilancio Ue, quello che coprirà il periodo 2021-2027, e i timori della vigilia di drastiche perdite. Ma tuttavia figlia di circostanze negative: Roma incrementerà i soldi che l’Europa mette a disposizione delle regioni più povere perché negli ultimi anni è cresciuta meno dei partner dell’Unione. Per la precisione, l’Italia ormai fa segnare l’aumento del Pil più basso di tutto il continente. Queste le ragioni dell’incremento di fondi di coesione nel futuro, con simmetrico taglio all’Est Europa, che grazie all’Europa sta crescendo a ritmi decisamente superiori ai nostri e che in parte viene punita per la sua deriva illiberale e xenofoba.
Il 2 maggio Bruxelles ha presentato la proposta di bilancio chiamata a finanziare una serie di nuove politiche Ue nel prossimo decennio – come migranti, ricerca, digitale, Erasmus rafforzato o sicurezza – e a compensare la perdita alle casse di Bruxelles causata dalla Brexit, pari a circa 13 miliardi all’anno. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha proposto un bilancio pari all’1,1% del Pil europeo, 1.279 miliardi su sette anni con il temuto taglio per fondi strutturali e agricoli. Ma solo oggi l’esecutivo comunitario presenterà a Strasburgo, in concomitanza con la plenaria dell’Europarlamento, criteri e tabelle per la suddivisione dei fondi di coesione dalle quali finalmente si capisce chi perde e chi vince tra i diversi stati membri (per i fondi agricoli invece bisogna aspettare).
In ballo ci sono 330 miliardi su 7 anni da ripartire tra i 27. Se la Commissione il 2 maggio parlava di un taglio di fondi del 6%, dalle tabelle si capisce che la cifra era figlia di un gioco di prestigio e che in realtà la sforbiciata è pari al 9.9%. Da inizio millennio i fondi venivano distribuiti in base al Pil di ciascun Paese (più soldi per chi cresceva meno): il cosiddetto “metodo di Berlino” che Bruxelles per il nuovo bilancio ha rivisto inserendo altri criteri come disoccupazione giovanile (che purtroppo aiuta l’Italia a prendere più soldi insieme al Pil più basso della Ue), scarsa qualità della formazione e migranti che si stabiliscono sul territorio (criterio ok per Germania, Austria e Finlandia, non per Italia, Grecia e Spagna, paesi principalmente di transito dei richiedenti asilo).
Così l’Italia incasserà 38,6 miliardi su 7 anni, il 6% in più rispetto ai 36,2 del periodo 2014-2020. Come noi prenderebbero più soldi Grecia (10%) e Spagna (6%), le altre due nazioni più colpite dalla crisi. Chi invece scende per un mix di crescita al di sopra della media europea e punizione politica (non accolgono migranti) sono Ungheria e Polonia, rispettivamente con un -25% e -23%. Rispettivamente un taglio di circa 6 e 20 miliardi. E oltretutto l’accesso ai fondi sarà condizionato alla nuova clausola sul rispetto dei diritti fondamentali dell’Unione pensata proprio per contrastare le derive illiberali di Budapest e Varsavia. A onor del vero anche per l’Italia ci sarà una rischiosa condizionalità all’accesso dei fondi, ovvero quella su sana gestione di conti pubblici e riforme. Passando agli altri grandi soci della Ue, contiene i danni la Francia (-6%) mentre la nazione che negli ultimi anni ha imposto la sua egemonia economica, la Germania, perde il 24% dei fondi. In termini assoluti nonostante il maxi taglio la Polonia resta il Paese che prenderà più soldi (64 miliardi) seguito da Italia e Spagna. Cifre destinate a cambiare perché le trattative che nei prossimi mesi sulla base della proposta della Commissione impegneranno i leader saranno durissime.
Alla vigilia della decisione Bruxelles ha esaminato un altro set di criteri, poi scartato, rispetto al “metodo di Berlino” rivisto, che dimezzerebbe le perdite per i governi dell’Est. E’ già stato ribattezzato “metodo Visegrad” e certamente diventerà il cavallo di battaglia dei paesi dell’ex blocco comunista nei duri negoziati che impegneranno nei prossimi mesi i leader europei. La Commissione spera di vedere il bilancio approvato entro le elezioni per l’Europarlamento del prossimo maggio ma sarà difficile. E a proposito di Italia: per affrontare un negoziato che storicamente si rivela un suk a ventisette, con colpi bassi e metodi da tutti contro tutti, servirebbe un governo credibile, stabile ed europeista. Altrimenti non si tocca palla.
Alberto D’Argenio, Repubblica.it