Un nuovo studio spiega che dopo appena cinque giorni i livelli di cortisolo scendono ma che gli utenti non se ne rendono conto e, anzi, dimostrano un minore livello di benessere: non vedono l’ora di scongelare l’account e tornare a scorrere la bacheca
Molti, in questi giorni di pasticci sulla privacy e dell’affare Cambridge Analytica – per giunta appena aggravatosi – si sono chiesti se non fosse il caso di lasciare Facebook. Congelando o, addirittura, eliminando del tutto il proprio account (non è poi troppo complesso). Soprattutto, se la mossa – al di là di correre ai ripari in termini di riservatezza dei dati personali – potesse produrre un qualche tipo di beneficio anche sotto il profilo psicologico. La risposta si colloca a mezz’aria ed è frutto di una nuova indagine condotta dalla Scuola di psicologia dell’università del Queensland, in Australia, e pubblicata sul Journal of Social Psychology.
La ricerca è interessante anzitutto perché non prefigura un divorzio lungo e traumatico dalla piattaforma sulla quale transita la maggior parte di contatti, amicizie, contenuti, informazioni e che, nelle situazioni più profonde (e spesso patologiche), ha sostituito la piazza reale di confronto e costruzione dell’identità. Fornisce cioè una stima sui benefici che possono derivare da una breve separazione. Appena una settimana. Anzi, per la precisione cinque giorni senza la creatura di Mark Zuckerberg. Il risultato spiega che basta una manciata di giorni per ridurre i libelli di cortisolo, volgarmente noto come “ormone dello stress” perché la sua secrezione aumenta in genere a seguito di situazioni di forte stress, fisico e mentale. Anche se non è tutto così semplice come sembra.
Lo conferma Eric Vanman, autore dell’indagine: “Prendersi un break da Facebook riduce i livelli di cortisolo, è vero. Tuttavia, mentre i partecipanti del nostro studio mostravano i miglioramenti sotto il profilo dello stress, riportavano anche una più bassa sensazione di benessere”. Una morsa micidiale, simile a quella di una dipendenza senza scampo: “Le persone ci hanno spiegato di sentirsi più insoddisfatte e non vedevano l’ora di poter scongelare l’account e ricominciare a utilizzare Facebook” ha aggiunto il ricercatore.
Di più: anche se dal punto di vista fisiologico lo stress concretamente calava, visto che si riducevano i livelli di cortisolo, l’autovalutazione dei volontari (evidentemente avidissimi utenti del social blu) non mutava granché. Ritenevano infatti di essere stressati come prima, insomma le variazioni individuate dalle analisi non conducevano ad alcun miglioramento percepito della propria situazione. “I pazienti provavano meno benessere dopo i cinque giorni senza Facebook – ha spiegato Vanman – il tutto perché si sentivano separati dai propri amici. Non crediamo sia una situazione strettamente collegata a Facebook ma che possa replicarsi con ogni piattaforma sociale, a patto che sia fra le preferite delle persone”. Insomma, procediamo a passo di gambero: il fisico dice che staccando per un po’ stiamo oggettivamente meglio e in effetti molti hanno spesso voglia di una “pausa di riflessione” dal recinto dorato di Menlo Park ma, almeno nel brevissimo periodo, i costi tornano rapidamente ad apparirci superiori ai benefici che d’altronde non riusciamo a sperimentare sulla nostra pelle.
L’indagine ha coinvolto due gruppi di utenti attivi su Facebook. Ad uno è stato domandato di evitare il sito o l’app per cinque giorni e all’altro di continuare come sempre. A tutti e 138 i partecipanti sono stati prelevati campioni di saliva all’inizio e alla fine dell’indagine, per misurare le variazioni di cortisolo. Come molte delle indagini che ruotano intorno alle piattaforme sociali, l’idea è nata dall’ esperienza diretta di uno dei ricercatori: “Quando ho detto ai miei colleghi che avrei staccato per un po’ da Facebook ho scoperto di non essere solo ad avere questo desiderio – ha raccontato Vanman – altri hanno ammesso di aver provato qualcosa genere ma di non essere poi stati in grado di resistere. Una studentessa ha perfino chiesto a un’amica di cambiarle la password per non cadere di nuovo in tentazione ma il richiamo è stato troppo forte e dopo appena due mesi ha fatto di tutto per farsi comunicare la nuova dall’amica-custode”.
La sintesi è che Facebook ci tiene al guinzaglio, offrendoci numerosi servizi di cui non possiamo più fare a meno e che, se anche ci stufiamo, non riusciamo a rimanerne fuori, “torniamo appena sperimentiamo una sensazione di malessere per essere rimasti tagliati fuori”. Lo fa, questa la tesi di molte altre ricerche recenti, sfruttando meccanismi simili a quelli del gioco d’azzardo. Solo che in questo caso paghiamo con la nostra attenzione per vincere notifiche e gratifiche, finendo in un loop senza uscita. Qualcosa di più della già nota “fear of missing out”, il timore di perdersi aggiornamenti e dinamiche del mondo che ci gira intorno: è uno strano mix di fatica e solitudine. La bacheca ci stressa ma nello stesso tempo è il cordone ombelicale che ci connette al mondo.
Simone Cosimi, la Repubblica