Il 73% di chi ha provato a rivolgersi ad un consulente finanziario ha le idee più chiare
In Italia c’è un divario di consapevolezza, netto e crescente, tra i risparmiatori che hanno già sottoscritto prodotti d’investimento e quelli che ne sono totalmente estranei. Le preoccupazioni per il futuro sono le medesime, a cominciare dalle pensioni. Secondo una ricerca condotta da Swg per Cnp Partners su un campione di mille individui di età compresa tra 35 e 70 anni, che sarà presentata in occasione del Salone del Risparmio, l’81% dei rispondenti teme che il futuro assegno dell’Inps possa essere insufficiente, il 78% di essere colpito da un evento capace di mettere in difficoltà economiche la propria famiglia e il 73% di non riuscire a mantenere l’attuale tenore di vita. I timori Il senso di inadeguatezza, però, aumenta tra coloro che non possiedono alcun prodotto d’investimento. E soprattutto il modo differente di affrontare l’incertezza espone a rischi maggiori proprio chi è meno attrezzato dal punto di vista finanziario a gestire eventuali imprevisti in grado di stravolgere la capacità della famiglia di generare reddito e quindi far fronte alle spese future. Da una parte, chi frequenta il mondo degli investimenti mostra una certa coerenza tra le motivazioni dell’investimento — il desiderio di proteggere il futuro della famiglia (31%), di ottenere un rendimento più appetibile rispetto alla remunerazione del conto corrente (27%), o di garantirsi un’entrata aggiuntiva che lo metta nelle condizioni di godersi la vecchiaia (18%) — e le caratteristiche dei prodotti su cui preferisce investire: orientati in prevalenza, dice la ricerca, alla protezione del capitale (27%), del reddito (18%), e alla fruizione di una rendita periodica (18%). Dall’altra, le ragioni di chi non investe testimoniano una grave incompetenza in materia: oltre la metà non ha mai pensato di sottoscrivere un prodotto d’investimento, il 27% perché dichiara di «non essere interessato», mentre il 25% preferisce «tenere i soldi liquidi sul conto per far fronte a potenziali imprevisti come malattia o perdita di lavoro».
«È un approccio scorretto. Con il giusto supporto consulenziale, si possono aiutare i risparmiatori a proteggersi dai rischi in modo molto più efficiente, senza immobilizzare somme significative e mettendoli quindi nelle condizioni di destinare maggiori risorse a eventuali prodotti d’investimento, in ottica di crescita del capitale o integrazione del reddito», spiega Francesco Fiumanò, responsabile commerciale di Cnp Partners in Italia. Al tempo stesso, osserva Fiumanò, c’è ampio spazio per accrescere la cultura finanziaria di chi già investe. Basti pensare che, secondo la ricerca di Swg, il 70% preferisce gestire personalmente i propri investimenti e tra chi possiede almeno un prodotto, il 64% non si avvale della consulenza di un professionista del settore. Quattro intervistati su dieci invece si confrontano con l’avvocato o il notaio, più o meno regolarmente, per avere qualche suggerimento a proposito di questioni finanziarie.
Eppure tra coloro che si sono rivolti a un consulente specializzato, sembra prevalere un giudizio positivo: quasi tre su quattro ritengono che tale relazione abbia consentito di definire meglio i propri obiettivi (73%), pianificare gli investimenti in base alle esigenze attuali e future della famiglia (74%) e, più in generale, sviluppare maggiore consapevolezza sulle aspettative di rendimento (73%) e sui rischi dell’investimento (75%). Al tempo stesso, molti risparmiatori manifestano l’esigenza di ottenere un supporto più ampio rispetto alla pura gestione degli asset finanziari. Il 33% reputa interessante l’opportunità di essere seguito dal proprio consulente anche in materia di coperture assicurative, il 38% nell’analisi della propria situazione previdenziale, il 28% nella pianificazione successoria, e una percentuale analoga nella valutazione del proprio patrimonio immobiliare. «Le famiglie sentono la necessità di ottenere una consulenza a 360 gradi, ma non sempre trovano interlocutori capaci di supportali in un percorso di ampio respiro, che abbracci i bisogni di tutti — conclude Fiumanò —. Serve più formazione anche per i consulenti». I quali, dice, dovrebbero sforzarsi di riconciliare la fisiologica asimmetria temporale tra l’orizzonte del risparmiatore, spesso focalizzato sul breve termine, e quello necessario per impostare una corretta pianificazione finanziaria: il lungo termine.
Pieremilio Gadda, il Corriere della sera