Il più quotato per la seconda carica dello Stato è oggi Roberto Calderoli, anche se nel volgere di due giorni potranno cambiare le previsioni, così come mutano continuamente su governo, alleanze, maggioranze. Le ragioni del suo odierno vantaggio sono due. La prima, ben più rilevante, è numerica. A palazzo Madama il centrodestra è più robusto di circa 25 seggi rispetto al M5s e doppia tranquillamente il Pd. Siccome il regolamento prevede che si arrivi in poche votazioni a eleggere il presidente (supplente del capo dello Stato), è contemplato il ballottaggio. Se mancasse un accordo politico fra grillini e democratici, al ballottaggio Calderoli prevarrebbe sul candidato sostenuto dal M5s. A Montecitorio, invece, in assenza di un’intesa politica, lo stallo potrebbe paralizzare per giorni l’elezione.
La seconda ragione ha minore influenza, ma qualcosa conta. Calderoli fuori del palazzo gode mediocre fama, dalle magliette anti-islamiche a qualche espressione non amichevole verso la ex ministra Cécile Kyenge. Nel palazzo, invece, è stimato per accortezza, competenza, abilità nel reggere l’aula come vicepresidente (per dieci anni). I nuovi senatori che già l’hanno conosciuto ne apprezzano, senza distinzioni di parte politica, quella che Luigi Zanda una volta definì «professionalità» congratulandosi con lui, mentre Giorgio Napolitano gli fece avere, poche settimane addietro, una lettera di elogi per la sua riscrittura del regolamento.
Calderoli con abilità ha più volte dato la baia sia ai colleghi vicepresidenti sia a Pietro Grasso. Il confronto con la concorrente oggi più valutata nei cinquestelle, la pasionaria Paola Taverna, non regge: quest’ultima ricorda la leghista Rosi Mauro. Non è proprio un merito.
Marco Bertoncini, ItaliaOggi