Tutto è cominciato con Kuka. Il più grande produttore di robot al mondo fu venduto ai cinesi di Midea due anni fa senza che le autorità tedesche riuscissero a trovare un «cavaliere bianco» nazionale in grado di presentare un’offerta più allettante. Kuka finì nel perimetro del gruppo di elettrodomestici che aveva messo sul piatto 4,5 miliardi con l’impegno a mantenere invariati per cinque anni i livelli occupazionali in Germania e a non trasferire proprietà intellettuale in Cina.
Ora Berlino ha deciso di correre ai ripari: renderà più difficili le acquisizioni delle proprie aziende strategiche da parte di società extra-europee. Il governo tedesco preoccupato dagli investimenti cinesi in settori sensibili come le telecomunicazioni, la difesa, l’energia, i media, ha approvato un progetto di legge che amplia i poteri di monitoraggio ed eventuale blocco delle autorità.
Le nuove disposizioni potranno scattare nel caso l’acquisizione di un gruppo nazionale da parte di un concorrente extra-Ue coinvolga oltre il 10% del capitale. Il tetto precedente era fissato al 25%, alcune proposte alternative puntavano al 15%. Altri Paesi, come gli Stati Uniti, il Canada, la Francia e l’Italia, tramite l’esercizio della golden power sulle aziende sensibili, hanno rafforzato i meccanismi di controllo su queste operazioni nel timore che oltre alla cessione di asset strategici ci sia anche un trasferimento di tecnologie e know-how fondamentali per il sistema-Paese.
F. Sav., Corriere.it