Rallenta l’Asia, male anche l’economia europea: Borse pesanti. Lo spread risale a 270 punti

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Deludono i dati macro dal Giappone e anche dalla Cina: Tokyo e Shanghai in netto ribasso. Listini Ue in rosso, l’euro scivola dopo il dato Pmi ai minimi da quattro anni. Negoziato permanente di Tria a Bruxelles: altri 4,5 miliardi da trovare entro domenica

Il rallentamento delle principali economie asiatiche e degli indicatori Pmi in Europa – molto ascoltati perché anticipatori del ciclo economico – preoccupa gli investitori. Intanto lo spread tra Btp e Bund tedeschi a dieci anni risale in area 270 punti base: si cerca ancora il punto d’incontro definitivo tra l’Italia e l’Europa sulla revisione della Manovra, mancano all’appello ancora 4 miliardi e mezzo di risparmi per centrare le aspettative di Bruxelles. Il decennale italiano rende poco meno del 3 per cento.

I listini europei si confermano in netto ribasso a metà mattina: Milano cede l’1,6%, Londra arretra dell’1,1%, Francoforte perde l’1,4% e Parigi l’1,3%. Il comparto auto ha registrato ancora un dato deludente sul fronte delle vendite, scese in Europa dell’8,1% a novembre. In linea Fca, che ha perso l’8% di immatricolazioni.

In mattinata, la Borsa di Tokyo ha registrato un pesante scivolone con il Nikkei in ribasso del 2,02% in chiusura: è vero che l’indice del Sol Levante era reduce da due giorni di netti rialzi, che giustificano le prese di profitto, ma a pesare sono stati anche i timori delle imprese. L’indice di fiducia delle grandi aziende manifatturiere è rimasto fermo nel quarto trimestre, secondo l’indagine Tankan della Banca centrale locale e questo testimonia i timori di un peggioramento delle condizioni economiche nei mesi a venire.

Sensazioni che trovano una sponda al pessimismo in Cina, con i dati sulle vendite al dettaglio e la produzione industriale peggiori delle aspettative. Le prime hanno registrato una crescita dell’8,1%, che per l’economia asiatica significa comunque il tasso di espansione peggiore da 15 anni (e contro le attese degli analisti per un +8,8%). La produzione industriale invece è salita del 5,4% annuo, meno del 5,9% di ottobre che gli economisti si aspettavano venisse replicato; in questo caso, è il passo più debole da febbraio 2016. Non a caso, anche la Borsa di Shanghai ha trattato debole cedendo l’1,5%. Ieri sera è mancato il supporto di Wall Street, che ha chiuso mista in attesa degli sviluppi commerciali tra Washington e Pechino: il Dow è salito dello 0,29%, lo S&P500 ha perso lo 0,02% e il Nasdaq ha limato lo 0,39%.

Delusione macro anche dall’Europa, con l’indice Pmi manifatturiero dell’area euro calato a dicembre da 51,8 a 51,4, mentre quello dei servizi è sceso da 53,4 a 51,4. Si tratta di numeri molto seguiti dai mercati perché gli indici, costruiti intervistando i direttori agli acquisti delle aziende, anticipano gli andamenti economici: sopra 50 punti indicano espansione, sotto contrazione. A sorprendere i mercati è stato soprattutto il netto calo degli indicatori sull’attività economica francese: il manifatturiero ha toccato i minimi da 27 mesi scendendo sotto la soglia critica dei 50 punti (a 49,7); quello dei servizi ha toccato i livelli più bassi da 34 mesi. Dopo i dati diffusi dall’istituto Ihs Markit, l’euro è scivolato sotto 1,13 dollari e ai minimi da fine novembre: il minimo segnato è di 1,1286 mentre ieri sera il cambio si attestava a 1,1361. La moneta unica ha perso terreno anche rispetto alla valuta giapponese e al franco svizzero: 128,21 il cambio euro/yen (129,06 ieri sera) e 1,1259 il cambio euro/franco svizzero(1,1291). Negli Usa si guarda alla produzione industriale e alle vendite al dettaglio.

Infine, tra le materie prime, le quotazioni dell’oro hanno registrato cali sui mercati asiatici. Il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.240 dollari l’oncia. Il petrolio è debole in chiusura di settimana .Sul mercato after hour di New York i contratti sul greggio Wti con scadenza a gennaio passano di mano a 51,35 dollari contro i 51,58 di ieri sera. Il Brent perde 39 centesimi a 61,06 dollari al barile.

Raffaele Ricciardi, Repubblica