Sindacati e associazioni di categoria britanniche contro l’impianto di chip nei dipendenti
Allarme in Gran Bretagna per l’uso dei microchip sui lavoratori. A quanto pare la società BioTeq, che si occupa appunto di questo tipo di impianti per organizzazioni ma anche per privati, ne ha già realizzati oltre 150 nel Paese. Sia per singoli individui che per dipendenti di piccole società. Impensierendo non poco i sindacati. Fra l’altro, il gruppo dell’Hampshire ne ha spediti anche in Spagna, Francia, Germania, Giappone e Cina.
I piccoli chip, piazzati sottopelle fra il pollice e l’indice, sono simili a quelli che si utilizzano per gli animali da compagnia. Consentono per esempio alle persone di sbloccare la porta di casa e accendere l’auto semplicemente avvicinando la mano nonché di memorizzare una certa mole di dati. Anche un’altra società, la svedese Biohax, se ne occupa. E così molte altre nel mondo. Secondo il Sunday Telegraph anche la società scandinava starebbe trattando con diverse compagnie legali e finanziarie britanniche per programmare l’installazione di questi chip, grandi come un chicco di riso, nei loro dipendenti. Fra queste c’è anche una società molto nota con migliaia di impiegati.
Non solo i sindacati dei lavoratori. Anche le associazioni di categoria si oppongono al progetto. La Cbi, Confederation of British Industry che rappresenta 190mila aziende britanniche, si è detta preoccupata: “Le società dovrebbero concentrarsi sulle priorità più immediate e focalizzare sul coinvolgimento degli impiegati” piuttosto che monitorarli – anche se in tutti i casi le ragioni scomodate per gli impianti sono legate alla sicurezza – con questi strumenti di tracciamento.
Il Trades Union Congress, la confederazione che riunisce 58 sindacati in rappresentanza di quasi 7 milioni di lavoratori, teme che i dipendenti siano obbligati ad accettare gli impianti: “I lavoratori sono preoccupati che alcuni dipendenti usino la tecnologia per controllare e gestire, violando il diritto alla riservatezza” ha spiegato il segretario generale Frances O’Gradysaid. Che ha aggiunto come i microchip “darebbero ai capi ancora più poteri e controllo sui lavoratori. Ci sono ovvi rischi: i datori di lavoro non dovrebbero ignorarli e spingere gli staff a microchipparsi”. Molti grossi datori, come le società di consulenza Kpmg, Ernst & Young e PwC, hanno negato di voler spingere i propri dipendenti a simili pratiche.
Repubblica.it