La censura applicata venerdì scorso su un reportage fotografico del Nyt. Critiche dagli utenti che si sono visti bloccare il post condiviso. L’editore: “Potete non guardare, ma è giusto che siate voi a decidere”
Bloccata perché “brutally honest”, così Facebook spiega la scelta di oscurare l’immagine di una bambina yemenita con evidenti segni di malnutrizione da un articolo del New York Times. E’ accaduto venerdì scorso, quando decine di migliaia di persone, dopo avere condiviso la pagina del quotidiano americano, hanno ricevuto il messaggio con il quale il social blu spiegava lo stop dovuto a “contenuti non in linea con gli standard” di Menlo Park.
In particolare, l’articolo – dal titolo The tragedy of Saudi’s war – affronta le tragiche conseguenze della “guerra saudita” che sta mettendo in ginocchio la popolazione in Yemen, con migliaia di vittime civili dovute ai bombardamenti aerei e altre centinaia per la carestia e le malattie. Il servizio è illustrato con immagini relative a bambini emaciati, in condizioni di salute disperate a causa della malnutrizione. In primo piano, la foto che ritrae Amal Hussain, una bambina di 7 anni ridotta pelle e ossa, che il filtro della censura di Facebook ha ritenuto troppo scioccante perché potesse essere condivisa sulla piattaforma. Ma lo sguardo assente di Amal e le sue costole in vista non sono l’unica immagine di un paese devastato dal conflitto armato. L’articolo firmato da Declan Walsh è corredato dal reportage fotografico di Tyler Hicks a testimoniare una quotidianità insostenibile: bambini denutriti e tenuti in vita con le uniche cure possibili in un territorio dove carestia e bombe stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza dei civili.
“E’ vero, sono ‘brutali’ e lo sono perché testimoniano niente altro che cosa vuol dire vivere in Yemen oggi”, ha spiegato l’editore in un articolo di Jacey Fortin pubblicato dopo la censura applicata da Facebook. “Puoi scegliere di non guardare quelle immagini – si legge sul Nyt – ma abbiamo pensato che dovresti essere tu a deciderlo”.C’è chi però ha condiviso proprio per fare “aprire gli occhi” su una crisi così drammatica. Come Jarjieh Fang, studente di Washington che, circa due ore dopo avere postato il link al Nyt, si è visto recapitare da Facebook l’avviso di censura motivata dalle regole contro “i messaggi con contenuti sessuali o immagini intime e di nudo che coinvolgono minori” vietate sul social network. In realtà, solo una parte dei post condivisi sulla piattaforma risultano essere stati bloccati rispetto ai migliaia di profili che hanno pubblicato il link al reportage nel proprio News Feed. E in tanti hanno lamentato la scelta di oscurare le immagini che testimoniano un dramma su cui buona parte del pianeta sembra volere chiudere gli occhi.
Al momento, la società di Menlo Park – che per i filtri usa una combinazione di algoritmi e moderatori a controllare immagini e post ritenuti offensivi o impropri – non ha fatto sapere il numero complessivo dei contenuti rimossi venerdì scorso. Quello che è stato applicato dunque è un filtro parziale rispetto a contenuti che non tutti ritengono giusto vengano bloccati. Lo stesso Nyt, attraverso le parole della portavoce Eileen Murphy, si è detto contento di vedere che Facebook sia pronto a rivedere le proprie linee guida, a favore di contenuti giornalistici che hanno lo scopo di “testimoniare e dare voce a coloro i quali altrimenti non verrebbero mai ascoltati”.
Repubblica