Giornata fitta di appuntamenti di banche centrali e politica monetaria quella del 13 settembre 2018. Oltre alla Bce guidata da Mario Draghi e alla Bank of England, c’era grande attesa per la riunione della Banca centrale turca (Central Bank of the Republic of Turkey, Bcrt), che secondo esperti e addetti ai lavori avrebbe dovuto innalzare il costo del denaro. E in effetti è proprio quello che ha fatto, nonostante che la mattina stessa si fosse messo in mezzo il presidente Recep Tayyip Erdogan, chiedendo al contrario di abbassare i tassi.
Così, la Banca centrale turca ha innalzato i tassi dal 17,75% al 24%, più del 21% medio atteso da analisti e addetti ai lavori e anche dagli economisti dell’ufficio studi di Unicredit. Questi ultimi, in uno studio, spiegavano di aspettarsi un rialzo dei costo del denaro con l’obiettivo di contrastare il crollo della lira e il tasso di inflazione in area 20 per cento. Un contesto che, scrivevano gli esperti nella nota del mattino, “sembra abbia finalmente convinto la banca centrale ad aggiustare la politica monetaria”.
Un simile rialzo dei tassi, però, potrebbe rivelarsi ancora insufficiente per condurre il paese fuori da una crisi che si è acuita proprio quest’estate. “Date le previsioni su inflazione e tassi di cambio – scrivevano sempre dall’ufficio studi di Unicredit – e considerata la scarsa fiducia degli investitori, pensiamo che per arrestare il declino debbano essere prese ulteriori misure, con il tasso di interesse di riferimento che potrebbe salire in area 27-30 per cento. Ma non ci aspettiamo che questo avvenga quest’anno”.
In mattinata, il presidente Erdogan era intervenuto sulla questione a gamba tesa, affermando che la Turchia “dovrebbe tagliare questi alti tassi di interesse”, anche perché “l’inflazione è il frutto di passi sbagliati della banca centrale”. Dopo le parole del presidente turco, la lira aveva ripreso a crollare sui mercati valutari, salvo poi rimbalzare con vigore in scia alla decisione della banca centrale.
Nei mesi scorsi, diverse circostanze avevano fatto ritenere che il presidente turco avesse di fatto preso in mano il timone della politica monetaria del paese, privilegiando tassi bassi in modo da portare avanti le riforme incentrate sulla crescita economica annunciate in campagna elettorale. Basti pensare alle nuove regole introdotte soltanto a luglio in base alle quali Erdogan ha il potere di nominare direttamente il numero uno dell’istituto monetario, oggi guidato da Murat Çetinkaya.
In altri termini, la banca centrale è stata esautorata dalla propria indipendenza. E le parole pronunciate il 13 settembre, nel giorno della riunione della banca centrale, non fanno che confermare un atteggiamento improntato all’invadenza. Questa volta, però, alzando i tassi nonostante le dichiarazioni di Erdogan, Çetinkaya sembra proprio avere deciso di non assecondare i desideri del suo presidente.
Carlotts Scozzari, Business Insider Italia