Ecco cosa accade oggi: leggiamo in Rete notizie e scritti che sono stati prodotti da persone e aziende che, per farlo, hanno sostenuto un costo che, invece, non viene sostenuto da chi rilancia questi prodotti in Internet. Risultato: il consumatore, sapendo che in Rete troverà quello che gli serve, perché dovrebbe acquistarlo altrove? Conseguenza: chi paga per produrre e chi viene pagato sempre per produrre, si trova spiazzato, e i margini di introiti per continuare a produrre si assottigliano sempre di più, con la conseguenza che viene rimessa in discussione la possibilità di produzione. E’ un cane che si morde la coda, dove, alla fine, a furia di mordere questa coda si rischia di impedire che questo cane abbia energie per continuare a mordersela. Da qualche parte questi soldi devono arrivare e, al di là dei sogni suicidi di chi pensa che possa essere un Leviatano (senza fondo?) a garantire il tutto, in un’economia di mercato il dare e avere sono comunque condizionati dall’uso del denaro e dalla remunerazione delle produzioni e del loro uso.
Allo stato dei fatti, chi ci guadagna è solo il cosiddetto Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon), i giganti dei profitti in Rete. E i presunti libertari della Rete sembra che stiano montando una campagna per salvare la libertà della Rete. “Sembra”, perché il dubbio è d’obbligo in questo come in altri casi. Chi fa cosa e con chi e perché: le multinazionali non sarebbero nuove a strategie mediatiche per favorire i loro guadagni che, in questo come in altri casi (si pensi al tabacco), non vanno molto per il sottile nel procedere senza considerare le vittime che fanno lungo il loro percorso. Una diminuzioni dei profitti dei giganti della rete comprometterebbe la libertà in Internet? Mah! La differenza – dal nostro punto di vista di internauti e consumatori di informazione – sarebbe solo finanziaria: lo stesso denaro, invece che finire nelle tasche del Gafa, dovrebbe finire in quelle dei produttori di informazione, con l’evidente vantaggio che i prodotti che loro diffondono siano sempre migliori.
Per capire, facciamo dei paragoni apparentemente assurdi, ma che fotografano l’attuale situazione in Internet. Un libraio vende libri invece di regalarli? Un produttore di cinema, pur avendo investito dei capitali, non dovrebbe pretendere una parte degli introiti delle sale cinematografiche? Un giornale online, coi giornalisti pagati che producono informazione, non dovrebbe farsi pagare?
La direttiva Ue, sia chiaro, non limita la possibilità degli internauti di condividere informazioni, fare link ed esprimersi come meglio credono, ma solo che Google e Facebook usino gratuitamente il lavoro di chi ha prodotto queste informazioni.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc