In una dichiarazione scritta datata 30 agosto 2018, Viganò afferma di essersi sentito in dovere di parlare dopo aver letto l’articolo del New York Times del 28 agosto, nel quale Juan Carlos Cruz, un cileno vittima di abusi sessuali, afferma che il Papa “recentemente gli raccontò che l’arcivescovo Viganò (nunzio apostolico negli Usa tra il 2011 e il 2016, ndr) quasi sabotò la visita” negli Usa, facendogli incontrare forzatamente la Davis e provocando così una serie di polemiche che turbarono l’evento. “Non sapevo chi fosse quella donna e (l’arcivescovo Viganò) la fece intrufolare per salutarmi, e naturalmente ne nacque un polverone. Ne fui inorridito e licenziai quel nunzio”, furono le parole del Papa, secondo quanto riferito al New York Times da Cruz.
“Di fronte a tale affermazione del papa, mi vedo obbligato a raccontare come i fatti si sono realmente svolti“, scrive Viganò nell’introduzione della sua lettera a Lifesitenews. “Uno dei due mente: Cruz o il papa? Quello che è certo è che il papa sapeva benissimo chi fosse la Davis, e lui e i suoi stretti collaboratori avevano approvato l’udienza privata. I giornalisti possono sempre verificare, chiedendo ai prelati Becciu, Gallagher e Parolin, nonché al pontefice stesso. È comunque evidente che papa Francesco ha voluto nascondere l’udienza privata con la prima cittadina americana condannata e imprigionata per obiezione di coscienza”, afferma Viganò al termine della lettera nella quale fornisce la sua versione degli eventi di allora.
Nell’articolo pubblicato su Lifesitenews è allegato il testo del breve memorandum che riassumeva il caso Davis e che Viganò “consegnò al Papa all’inizio del loro incontro il 23 settembre del 2015”.
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