Da un lato l’ospedale del futuro sarà sempre più a casa nostra, grazie alle tecnologie per monitorare da remoto la salute, dall’altro lato, anche quando ci andremo per esigenze davvero gravi e urgenti, nuove macchine, robot e tecniche consentiranno cure e dimissioni in tempi sempre più abbreviati. Insomma, il processo della cosiddetta «de-ospedalizzazione» sembra essere il punto di arrivo dell’innovazione nel campo della Sanità.«Tutto nasce dalla trasmissione dei dati e dalla loro interpretazione con l’Intelligenza Artificiale – ricorda Arturo Chiti, professore e responsabile di Medicina nucleare all’Istituto Humanitas di Milano -. Questo renderà possibile monitorare i pazienti e gestire il dosaggio delle cure anche a distanza. Una nuova generazione di dispositivi portatili, dalla misurazione della pressione a quella della glicemia, sta per cambiare l’assistenza ai malati. Si potrà dire loro se e quando venire in ospedale in base ai dati trasmessi».La telemedicina è già una realtà, secondo Giuseppe Banfi, professore di Biochimica clinica, direttore generale della Fondazione San Raffaele per la ricerca e prorettore dell’Università: «La riabilitazione e lo stato cognitivo dei pazienti dopo alcune operazioni – racconta – si può valutare a distanza grazie a connessioni di tipo informatico: queste permettono le visite a distanza con misurazioni a video». La sfida delle strutture sanitarie diventa, così, combinare i costi con gli esiti delle cure. «Il concetto di “valore completo” – spiega Banfi – arriva dall’Harvard Business School e ci spinge a seguire sempre di più il paziente per sapere se il trattamento è stato efficace e quanto. Ecco un esempio: l’esame Pet, associato alla risonanza magnetica, è innovativo, ma va valutato quanto incide e se offre una reale equità d’accesso». Altro fattore è la velocizzazione delle prestazioni, spesso grazie a tecnologie meno invasive, le quali permettono una dimissione celere del paziente e tempi di recupero abbreviati. «L’80% degli interventi viene fatto senza “aprire” il corpo – rivela Giorgio Guazzoni, professore e responsabile di Urologia all’Humanitas -. I robot made in Usa diventano sempre più sofisticati». Per lo sviluppo di questi interventi «soft» si rivelano fondamentali l’aumento della qualità dell’immagine, spesso 3D, e la raffinatezza raggiunta. «La chirurgia robotica correlata a patologie oncologiche, come i tumori della prostata, del rene, del surrene e del testicolo, avviene senza l’apertura della parete addominale proprio grazie alla visione 3D e a immagini di qualità senza precedenti – continua Guazzoni -. E i robot non utilizzano più “bacchette” standard, ma vere e proprie manine con la mobilità pari a quella del polso umano, permettendo operazioni un tempo impossibili per precisione e stabilità dei movimenti. Si tratta di macchine nate per i bypass cardiaci della ditta americana Intuitive».E non solo. «Ora si possono inserire le risonanze magnetiche all’interno dello schermo e combinare i dati, mentre i coloranti verdi, immessi nelle arterie, garantiscono alti livelli di contrasto».Se bisturi e laser risultano troppo sanguinolenti, sta per arrivare in commercio un sistema di taglio a getti d’acqua: «Avrà il vantaggio di essere meno violento e più preciso, mentre si affermano i sistemi di puntura robotizzata, per esempio del rene: si entra dal fianco in modo non invasivo per rimuovere i calcoli».La chirurgia, così, evolve verso interventi endoscopici a corpo chiuso. «Per operare al cuore – spiega Alessandro Castiglioni, professore e primario di Cardiochirurgia al San Raffaele – le tecniche sono percutanee. E sperimentiamo la sostituzione e la riparazione delle valvole senza fermare il cuore. Per ora la tecnica si applica sui pazienti che non possono essere operati con tecniche tradizionali, ma è una realtà che soppianterà la chirurgia a cuore fermo. Grazie alle nuove tecnologie, come valvole miniaturizzate e impianti percutanei sofisticati, l’accesso non sarà più dal cuore, ma da vasi periferici come l’arteria femorale. Questo tipo di operazione meno invasiva consentirà al paziente una ripresa molto più veloce».
Francesco Rigatelli, ilsecoloxix.it