Riescono ad attraversare i muri e gli spazi chiusi attraverso l’aria. A sostenerlo uno studio della Drexel University
I DIVIETI di fumare negli ambienti pubblici, le multe ai trasgressori e le campagne contro il fumo passivo non bastano a tenere i non fumatori lontani dai danni delle sigarette. Infatti una ricerca realizzata alla Drexel University e pubblicata su Science advances sostiene per la prima volta che i residui tossici del fumo di tabacco sono presenti anche negli ambienti dove è vietato fumare. Vengono trasportati dalle particelle di aerosol sospese nell’aria. E lo sono a concentrazioni elevate. Sono state registrate con misurazioni sul campo ed esperimenti in laboratorio e si è visto che ben il 30% dell’ aerosol di una grande aula universitaria smoke free contiene molecole derivate dal fumo.
• NON SOLO SUI VESTITI
Il fumo di terza mano consiste nell’esposizione involontaria ai residui della combustione del tabacco depositati sui vestiti dei fumatori sui loro capelli e pelle, e sulle superfici di mobili, divani, tendaggi degli ambienti chiusi nei quali si fuma. Anche mentre non si sta fumando. Ora, secondo questa ricerca, gli agenti nocivi delle sigarette sono presenti anche dove nessuno fuma mai trasportati dall’aerosol atmosferico. “Le particelle di aerosol sono sospese nell’aria, ubiquitarie, provengono da diverse fonti e sono note per essere dannose per la salute”, spiega Peter DeCarlo uno degli autori della ricerca e chimico dell’atmosfera a Drexel. “Il fatto che il fumo di terza mano possa legarsi all’aerosol, così come agli abiti o ai mobili di un fumatore, significa che le sostanze chimiche potenzialmente tossiche associate al fumo di terza mano si trovano in luoghi che non ci aspetteremmo”.
• LIMITARE IL FUMO PASSIVO
Il problema, come ha spiegato bene Michael Waring, professore associato alla Drexel’s College of Engineering e coautore della ricerca, è che i divieti di fumo lì dove sono vigenti servono a proteggere i fumatori dall’esposizione al fumo passivo, di seconda mano, ma “questo studio – ha sottolineato Waring – dimostra che il fumo di terza mano può essere dannoso per la salute come il fumo di seconda mano, ed è molto più difficile da evitare”.
• UNA SIMULAZIONEIN LABORATORIO
Per indagare le cause e i meccanismi di quanto avevano scoperto, gli autori della ricerca hanno simulato una esposizione al fumo di terza mano in laboratorio: hanno pompato fumo di sigaretta in un contenitore pyrex, così che si depositasse sulle superfici di vetro. Poi l’hanno pompato fuori, quindi hanno fatto circolare nel contenitore aria esterna per liberarlo dal fumo passivo. Il giorno dopo, sempre nello stesso contenitore, hanno fatto circolare aria esterna filtrata (un po’ quello che fanno gli impianti di aerazione). Ala fine hanno confrontato la composizione chimica dell’aerosol nel pyrex con quella dell’aria esterna che non era mai passata attraverso il contenitore. Ebbene nell’aria che aveva attraversato il pyrex hanno trovato un aumento del 13% nelle specie chimiche del fumo di terza mano, il che significava che nel pyrex “il residuo chimico c’era ancora e aveva trovato un modo per legarsi alle particelle di aerosol aggiunge DeCarlo.
• UNA NUOVA VIA DI ESPOSIZIONE
“Questo significa – conclude l’ingegnere – che la nostra scoperta non riguarda affatto solo quell’unica aula universitaria, ma che anzi parliamo probabilmente di un fenomeno abbastanza diffuso. Quello che abbiamo effettivamente scoperto è una nuova via di esposizione al fumo di terza mano, attraverso le particelle di aerosol che sono onnipresenti negli ambienti confinati”.
Tina Simoniello, Repubblica.it