Il giorno dopo il ritiro americano annunciato ieri da Trump, Macron chiama Rouhani. Lunedì riunione fra i ministri degli Esteri. La rabbia di Teheran: “Gli Usa si pentiranno”
Una telefonata fra il presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo iraniano Hassan Rouhani nel pomeriggio. Un vertice dei ministri degli Esteri francese, britannico e tedesco con la controparte iraniana convocato in tutta fretta per lunedì. Ambasciatori e governi che si affrettano a sottolineare che l’accordo non è morto, ma bisogna trovare la strada per farlo andare avanti. Il giorno dopo l’annuncio del presidente americano Donald Trump sul ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare firmato nel 2016 dall’Amministrazione Obama, Francia, Cina, Germania, Gran Bretagna e Russia con l’Iran, la diplomazia mondiale tenta di correre ai ripari.
Ma un primo risultato, quello da cui tutti i maggiori esperti avevano messo in guardia, il “no” di Trump lo ha già ottenuto. Ed è quello di rafforzare i falchi all’interno della politica iraniana, quelli che a questo accordo non avevano mai creduto e che vedono ora la possibilità di indebolire un presidente, come Rouhani, che aveva promesso moderate aperture. E che soprattutto aveva bisogno dei benefici economici promessi dall’accordo per far decollare il suo programma elettorale. Stamane nel parlamento di Teheran è tornato a risuonare il canto “Morte all’America” e un deputato ha bruciato una bandiera Usa di carta. Il presidente del parlamento Ali Larijani ha definito “bullismo” la scelta americana e sottolineato che il Paese riceverà dall’Iran una risposta che rimpiangerà. “L’Ue e altri partner dell’accordo nucleare sono ora responsabili di salvare l’accordo“, ha sottolineato.
Dall’altra parte dello spettro politico regionale c’è invece da registrare la soddisfazione di Israele e Arabia Saudita, i maggiori rivali dell’Iran, che per mesi avevano fatto pressione sugli Stati Uniti per arrivare a questo risultato e che ora celebrano la vittoria ottenuta. Foriera, temono molti, di ulteriori tensioni.
Repubblica.it