“Sessantatré anni fa sono diventato prete e oggi, a 88 anni, non so ancora il perché. E dire che io i preti gli ho sempre odiati”. È un vulcano don Antonio Mazzi, ospite della libreria Feltrinelli in via Farini a Parma per presentare l’autobiografia “Amori e tradimenti di un prete di strada” (Edizioni San Paolo).
L’amore, quello per i giovani e gli adolescenti “difficili”. Il tradimento, quello consumato, secondo il sacerdote, dalla chiesa, dal Vaticano, dalle gerarchie ecclesiastiche; “siamo peggio della politica”, dice.
Si considera però in sintonia con il pontefice Francesco: “La parola prete andrebbe cancellata. Quella giusta è pastore, ha ragione il papa, solo che lo dice dal Vaticano, che è il luogo più sbagliato”. Invoca letteralmente un terremoto sulla Santa sede, prima di ricordare il particolare incontro avuto con papa Francesco.
“Sono riuscito a intrufolarmi in una delle messe che officia ogni martedì. In prima fila, davanti a tutti, i cardinali, ai quali ha spiegato il vangelo. Finita la funzione, mi sono avvicinato e gli ho detto: ‘caro Francesco sto meglio io con la pecorella smarrita, che tu con le altre 99′”.
Ride la platea, mentre il sacerdote irrompe in un’invettiva: “La chiesa non è più quella del vangelo. Con questa non andiamo avanti. Valgono più le regole dell’uomo, sono diventate più importanti delle persone. Nel libro ho tentato di far comprendere che la parola di Gesù non ha più niente a che spartire con il Vaticano: un enorme luogo, ma vuoto, rimasto senza fede. Abbiamo consumato un grande tradimento nei confronti dei giovani e dei poveri”.
“Ai preti – prosegue – dico di lasciare le cattedrali perché facciano capire alla gente che Cristo non è tra le mura di una chiesa, nel tabernacolo d’oro. Pensando così lo abbiamo di nuovo rinchiuso nella tomba”.
I ragazzi sono la sua missione, da 40 anni s’occupa di loro, cercando d’aiutare sopratutto quelli che la società bolla come soggetti peggiori.
“L’adolescenza è il periodo migliore che possono vivere i nostri figli, un’avventura straordinaria, eppure è una stagione che non conosciamo e che dovremo imparare a pensare diversamente, lavorando con umiltà e pazienza”.
Una società in cui non sembra esserci posto per chi si colloca al di fuori delle regole o si ribella ad esse. “L’adolescenza è irregolarità, fantasia. Tutti i ragazzi sono borderline. Se uno è educato a quell’età non è normale, va curato. Come possiamo pensare di rinchiuderli per cinque ore in un banco a scuola. Il ministro dell’Istruzione andrebbe messo in galera. Non dobbiamo metterli di fronte alle regole, ma all’avventura”.
È così che Don Mazzi prova a dare una mano ai giovani di un quartiere duro come Quarto Oggiaro a Milano. Ha organizzato per loro un viaggio in barca verso Gerusalemme, li ha messi in sella a una bici, mandandoli a Santiago di Compostela.
“Ho inventato uno slogan: partite con la testa rotta e il culo sano. Tornate con il culo rotto e la testa sana. Lo devo proprio inserire negli Atti degli apostoli”.
Raffaele Castsagno, Repubblica.it