Hanno vissuto per decenni nell’ombra, spiando e tramando uno contro l’altro: si tratta di Suh Hoon, capo del NIS, l’intelligence sudcoreana e Kim Yong-chol, ex generale dei servizi segreti militari nordcoreani
È stata affidata a due uomini che hanno vissuto per decenni nell’ombra, spiando e tramando uno contro l’altro, la possibilità di chiudere il dossier coreano pacificamente. Si tratta di Suh Hoon, capo del NIS, l‘intelligence sudcoreana e Kim Yong-chol, ex generale che per anni ha orchestrato i servizi segreti militari nordcoreani.I due sono finiti forse loro malgrado sotto i riflettori nelle ultime settimane. Prima il nordista Kim, inviato alla chiusura dei Giochi olimpici di Pyeongchang come capo della delegazione nordista. Ora Suh Hoon, inserito nel gruppo di superconsiglieri sudisti che sono andati a Pyongyang e hanno ricevuto la proposta negoziale di Kim Jong-un.L’alto funzionario sudcoreano, 63 anni, è un agente di carriera. È entrato nell’intelligence di Seul nel 1979 e ha scalato tutti i gradi fino al vertice. È stato dietro a tutte le fasi di disgelo tra Nord e Sud. Nel 1997 Suh fu il primo funzionario sudcoreano a cui il Nord consentì di risiedere nel Paese più chiuso del mondo. Fu basato per un paio d’anni a Sinpo, porto sulla costa orientale nordcoreana dove si trova anche un cantiere navale che mette a punto i sottomarini. Di quel periodo l’agente ricorda la difficoltà delle cose più normali, come uscire da solo e andare in un ristorante. Oltretutto, i nordisti dovevano essere consapevoli di aver aperto le porte a un cacciatore di informazioni. Anche Kim Yong-chol, 72 anni, è un ufficiale di carriera. Significativo il suo percorso, una guardia del corpo, a tutti gli effetti, del regime. Prima ha servito nei ranghi della polizia militare, poi è passato alla scorta ravvicinata del presidente Kim Jong-il, incarico che possono svolgere solo elementi fidati. Da allora un susseguirsi di promozioni fino ad arrivare alla direzione dell’RGB, l’intelligence più importante dell’apparato nord coreano. Sotto il suo comando – come segnalano su North Korea Leadership Watch – sono cresciute le capacità degli hackers del Nord e sono proseguire le tradizionali missioni dietro le linee del Sud. Kim avrebbe avuto un ruolo chiave in due episodi gravi nel 2010: l’affondamento della corvetta sud coreana Cheonan (46 le vittime) e il bombardamento d’artiglieria contro l’isola di Yeonpyong. Sempre gli osservatori hanno sottolineato il suo carattere difficile, in particolare nelle relazioni con i collaboratori. Ma questo non gli ha certo impedito di continuare a farsi strada nella nomenklatura. Infatti è stato seguito con particolare attenzione dallo spionaggio americano, convinto dell’influenza del dirigente.La guerra delle ombre, con le spie di tutti gli schieramenti impegnate in una lotta severa, è del resto al centro della crisi coreana. È vero, oggi i due sudcoreani che hanno incontrato Kim a Pyongyang arrivano a Washington, portando al generale McMaster il messaggio — «riservato e inusuale» — di Kim, con le condizioni per dialogare con gli americani: ci sono speculazioni secondo le quali il Maresciallo vorrebbe inviare la sorella Kim Yo-jong. E anche l’atteggiamento della Cina è cambiato: Pechino ha fatto sapere di auspicare l’avvio, «il prima possibile», di un dialogo tra Usa e Corea del Nord. Washington, però, è cauta. E ha appena annunciato nuove sanzioni contro il Nord per l’uso di armi chimiche nell’agguato costato la vita, un anno fa, a Kim Jong nam, il fratellastro del presidente. La vittima è stata eliminata in modo spietato con una sostanza velenosa – VX – sparsa sul suo volto da due donne. Azione svoltasi sotto l’occhio delle telecamere e di testimoni all’aeroporto di Kuala Lumpur. Per la Casa Bianca è la prova di cosa sia capace il regime, peraltro non nuovo ad attacchi terroristici. Anche se i malesi non hanno formulato accuse specifiche è chiaro che le presunte assassine hanno agito sotto la direzione di un gruppo di agenti nord coreani poi fuggiti. Dunque in questa fase si prova a trattare, ma senza mai dimenticare il contesto, pieno di sorprese. Rammentando che l’avversario degli Usa, quando vuole, può colpire in modo brutale.
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