Le motivazioni della sentenza che condanna il ministero al risarcimento: il diritto dei proprietari prevale sull’ordine pubblico. Ricorso del Viminale
Lo Stato ha l’obbligo di sgomberare i palazzi occupati perché deve impedire che vengano commessi reati. Se non lo fa deve risarcire i proprietari. È questa la motivazione principale che ha convinto i giudici del tribunale civile di Roma a condannare il ministero dell’Interno all’indennizzo di oltre 260mila euro mensili ad una società proprietaria di uno stabile nella Capitale che non ne può usufruire dal 2013 proprio perché centinaia di persone ne hanno fatto la propria dimora stabile. Un precedente giuridico rivoluzionario che ha fatto esultare Confedilizia e adesso potrebbe fare da apripista per tutti coloro che si trovano nella stessa situazione. Anche se, sottolineano al Viminale, «le regole sono già state cambiate con la circolare voluta dal ministro Minniti dopo quanto accaduto la scorsa estate con gli scontri di piazza seguiti alla decisione di liberare il palazzo di via Curtatone».
Il ricorso e i danni
Nei mesi scorsi i proprietari della società «Oriental Finance» chiedono ai giudici civili di riconoscere i danni per il mancato utilizzo di due palazzi di via del Caravaggio a Roma. Denunciano che il 6 aprile del 2013 «sono stati occupati da 350 persone che poi manomettevano le centrali termoelettriche (che servono anche l’albero che si trova accanto) provocando un blackout, la rete idrica e antincendio oltre ad aver fatto lavori abusivi di ristrutturazione». E per questo vogliono l’indennizzo relativo ai mancati guadagni. Il 9 novembre scorso ottengono ragione. Il tribunale riconosce il diritto a ottenere la restituzione dei danni subiti a partire dal momento in cui la magistratura aveva ordinato il sequestro preventivo che però non è stato eseguito. Sono 266mila euro al mese dal settembre 2014 «e fino a che lo stabile non sarà completamente libero». Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, parla di «sentenza storica che deve spingere la politica a intervenire». Una posizione già espressa dal capo della polizia Franco Gabrielli che in un’intervista al Corriere aveva spiegato: «Il problema non è evitare gli sgomberi, bensì le occupazioni; impedire che si realizzino e si consolidino nel tempo. È così che si salvaguardano i diritti. E per fare questo sono necessari interventi e politiche sociali che non riguardano le forze di polizia.».
Gli obblighi dello Stato
La motivazione della sentenza fissa i ruoli che ogni parte in causa deve rispettare e mette al centro l’interesse dei cittadini, soprattutto quando è già stato deciso il sequestro preventivo dell’immobile. Nelle controdeduzioni l’avvocatura dello Stato ha spiegato che il Comitato per l’ordine e la sicurezza aveva deciso di intervenire «e aveva anche interessato l’amministrazione comunale per trovare delle soluzioni alloggiative temporanee per i casi più gravi». Una giustificazione che il tribunale non ritiene però sufficiente. E infatti viene sottolineata la necessità di «tutelare giuridicamente la pretesa dell’individuo proprietario dell’immobile a non essere ulteriormente pregiudicato dalla commissione del reato». Non solo. «Le forze di polizia — scrive il giudice — divengono vincolate, nell’attività di tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza e del rispetto delle leggi, e in particolare nella tutela della legalità, a intervenire nell’interesse del singolo». Anche perché «sull’amministrazione dell’Interno grava l’obbligo giuridico di impedire l’altrui illecito vale a dire l’occupazione — e soprattutto di adottare in un lasso di tempo favorevole le misure necessarie per porre ad essa fine».
La nuova circolare
Il Viminale ha già presentato appello contro la sentenza e intanto viene ricordato come le nuove disposizioni — diramate a ottobre — delegano «ai prefetti la pianificazione degli interventi, ma soprattutto il coinvolgimento dei sindaci nella “mappatura” delle situazioni a rischio e nella necessità di trovare soluzioni alternative per fare fronte all’emergenza abitativa».
Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera