Uno spettatore della Roma ha perso tre partite casalinghe. Secondo il Tribunale, il club deve farsi carico di un rimborso o di offrire un biglietto in un altro settore dello stadio
Se il Giudice sportivo chiude la curva dello stadio per i cori razzisti, il club è tenuto a risarcire gli abbonati che non hanno potuto seguire la partita da quel settore. Il Tribunale di Roma – con la sentenza 6004 del 2017 – rafforza al massimo i diritti degli abbonati, spesso estranei ai cori di odio e discriminazione. Nel caso specifico la sentenza – giudice unico Vincenzo Picaro – arriva dopo un esposto di un sostenitore della Roma, che ha perso tre partite casalinghe dei giallorossi, tra il 2013 e il 2014.
Per il giudice, dunque, l’abbonato deve essere rimborsato; in alternativa il club può offrire al tifoso il biglietto per un altro settore dello stadio, sia pure dietro pagamento di una differenza di prezzo. La sentenza – di cui scrive il sito cassazione.net – contesta alla società di calcio due cose:
- la chiusura della curva non è imputabile al singolo abbonato; e poiché il club non è in grado di offrire quanto promesso (la visione della gara), il tifoso ha diritto a un rimborso. Non di tutto l’abbonamento, ma certamente delle singole partite che non ha potuto seguire;
- la clausola del contratto di abbonamento – che solleva la società calcistica da ogni responsabilità in caso di squalifica del campo o di chiusura di un settore – è fortemente sbilanciata in favore del club e ai danni dei tifosi. Per questo, la clausola deve essere sufficientemente chiara, nel contratto, e deve essere esplicitamente approvata dal sostenitore, con una specifica firma. Altrimenti non è valida.
La società di calcio, peraltro, non può affermare che la chiusura della curva sia responsabilità di tutti i tifosi, indistintamente. Questa tesi trasforma la sanzione della giustizia sportiva in un vero e proprio Daspo: cioè in un divieto individuale di seguire la partita. Ma solo il Questore può decidere la misura soggettiva del Daspo.
Il tifoso, che vince dunque su tutta la linea, su un punto deve cedere.
Non ha diritto al risarcimento dei danni esistenziali – aveva chiesto 10 mila euro – perché la visione di una partita di calcio non rientra nei diritti fondamentali protetti dalla Costituzione. Deve accontentarsi dunque di un rimborso di 38,67 euro per le tre gare perse, a fronte di un costo dell’abbonamento di 245 euro. La Roma invece dovrà farsi carico delle spese processuali per 3972 euro, più Iva e spese accessorie.
Ald0 Fontanarosa, Repubblica.it