«Le pubbliche amministrazioni, quando indicono appalti con il criterio del massimo ribasso, non rispettano la dignità del lavoro perché, credendo di ottenere risparmi ed efficienza, finiscono per tradire la loro stessa missione sociale al servizio della comunità».
La sferzata verso una prassi discussa, ma sempre più in voga nella p.a. (che negli appalti e nei bandi per i servizi professionali, punta spesso a ottenere il massimo risparmio fino a richiedere prestazioni gratuite) arriva da Papa Francesco. Contenuta in un videomessaggio inviato dal Pontefice alla 48esima Settimana sociale dei cattolici italiani (organizzata a Cagliari dalla Cei e quest’anno tutta dedicata ai temi del lavoro).
Al centro del monito di Bergoglio non ci sono solo i datori di lavoro privati (che spesso «mortificano la dignità e le tutele del lavoratore quando lo considerano una riga di costo di bilancio», ha osservato Francesco) ma soprattutto (e questa è la vera novità) quelli pubblici.
Dopo settimane di polemiche sugli incarichi a costo zero banditi dagli enti locali alla perenne ricerca di professionisti disposti a lavorare gratis solo per prestigio o per arricchire il curriculum, e dopo la sentenza del Consiglio di stato (n.4614/2017, si veda ItaliaOggi del 6 ottobre e l’inchiesta su ItaliaOggi del 24 ottobre) che ha considerato legittimo il bando del comune di Catanzaro per la progettazione del piano regolatore al prezzo simbolico di un euro, le parole del Papa rinfiammano l’orgoglio non solo dei lavoratori autonomi, ma anche delle imprese che lavorano con la p.a.
Le quali non di rado per aggiudicarsi l’appalto sono costrette a sminuire il valore dell’apporto della manodopera rispetto alle altre componenti della prestazione.
Eppure l’aggiudicazione attraverso il criterio del massimo ribasso (ammessa solo negli appalti ripetitivi, seriali e non tecnicamente complessi) sarebbe per legge vietata nei bandi ad alta intensità di manodopera che invece andrebbero aggiudicati attraverso il criterio dell’offerta economicamente più conveniente valutando il rapporto qualità/prezzo.
Certo, letta alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici (che espressamente vieta alla stazione appaltante di prevedere, nei contratti aventi ad oggetto servizi di ingegneria e architettura, forme di sponsorizzazione o rimborso in luogo del corrispettivo) la sentenza del Consiglio di stato, nonostante prenda in esame un caso ante-riforma, appare ancora più discutibile. Specialmente nella parte in cui equipara a retribuzione il ritorno di immagine derivante dal fatto di lavorare con la p.a., fino al punto da giustificare prestazioni professionali pagate un euro. Eppure è stata per ben due volte difesa dal governo in parlamento. Chissà se dopo il monito del Pontefice qualcuno cambierà idea.
Francesco Cerisano, ItaliaOggi