(Tiziano Rapanà) È morto Severino Cesari, importante promotore della cultura italiana nonché inventore della mitica collana dell’Einaudi, Stile Libero. Per rammentarlo ho chiesto un breve ricordo ad Andrea G. Pinketts, grandissimo scrittore di romanzi noir, che con Severino Cesari ha condiviso la superba avventura della Gioventù Cannibale, antologia di racconti pulp, che rappresenta il sancta sanctorum della narrativa nostrana degli anni novanta.
Vorrei un tuo ricordo su Cesari e anche qualcosa sulla Gioventù Cannibale…
Ti dico una cosa subito, estemporanea. Allora tu devi sapere che quando io sono nato alla clinica Madonnina di Milano, mia madre la prima cosa che ha chiesto all’infermiera non era se stessi bene, ha chiesto: «è elegante?» Io trovo che Severino Cesari fosse un uomo di un’eleganza innata, ma non nel senso di cravatta intonata alla pochette. Era un uomo profondamente elegante come gusti letterari, eppoi trasudava una naturale eleganza, che a me ricorda molto quella dell’attore Remo Girone. Hai in mente Tano Cariddi ne La Piovra? Per me Severino Cesari aveva quell’aplomb, e nello stesso tempo quella spregiudicatezza comunque stilosa. E non a caso ha fondato Einaudi Stile Libero, perché era uno che aveva veramente uno stile libero. E noi siamo diventati amici nel 1992, perché io lavoravo all’Esquire, che aveva avuto un cambio di proprietà e allora è arrivato Severino, che credo venisse dal Manifesto. Poi l’Esquire è finito com’è finito, che l’han chiuso se l’era comprato Ciarrapico, erano gli anni subito dopo Tangentopoli. Poi si è trasferito a Torino, ha avuto ‘sta grande idea di creare Stile Libero. Io allora scrivevo ancora con Feltrinelli, non ero ancora passato con Mondadori, e quindi non potevo passare a Stile Libero, anche perché avevo un ottimo rapporto con Feltrinelli, ma mi è spiaciuto per il fatto che avevo un’ottima intesa con lui, che era anche un uomo con un grandissimo senso dell’umorismo (cosa essenziale, secondo me, per uno che fa l’editor). Quindi non appena gli è nata questa grande idea di Gioventù Cannibale, di riunire tutti questi scrittori che in qualche modo rappresentano il pulp assoluto, pensa alla Santacroce, pensa a Matteo Curtoni, pensa a Niccolò Ammaniti, pensa a tutti quanti, questi scrittori diversi uniti in realtà da questa grandissima supervisione, forse addirittura iper-visione, o forse questa visione proiettata al futuro della nuova letteratura italiana, che ha avuto Cesari insieme a Rapetti (è il co-fondatore di Stile Libero, ndr).
Concludendo, come pensi sia invecchiata la Gioventù cannibale?
Ho firmato adesso una liberatoria, perché venga ripubblicata l’antologia, che ormai è storica. Poi, in realtà, ognuno è andato per la propria strada, ma forse era già per la propria strada, perché il bello è l’aver riunito una sporca dozzina di individualisti, quindi il pulp era la cosa che avevamo in comune, però trattata in modi diametralmente opposti, ma con il filo comune di essere scrittori di rottura… e soprattutto non di rottura di coglioni. Quindi del termometro dell’eccesso per raccontare la società che stavamo vivendo negli anni novanta.