Pagare ai POS con bancomat anche per un caffè. A questo punta il governo, che vuole fare cassa con il Grande Fratello fiscale.
E’ questo il vero intento della norma, che punta a recuperare entrate fiscali con la prosecuzione di un Grande Fratello, avviatosi negli anni passati con l’introduzione del limite dei 1.000 euro per i pagamenti in contanti (elevato a 3.000 euro dall’1 gennaio 2016, ad eccezione di stipendi e pensioni, che dovranno continuare ad essere pagati in modalità tracciabile a partire da 1.000 euro), l’accesso automatico del Fisco alle movimenti dei conti bancari e l’uso di dati incrociati per scovare potenziali evasori, come con l’acquisto di un’auto di grossa cilindrata o di un bene immobile senza un’apparente giustificazione sul fronte reddituale.
Il Grande Fratello fiscale non è un obiettivo solo italiano. La Svezia, ad esempio, starebbe per diventare la prima economia “cashless”, con i pagamenti in contanti a rappresentare ormai una sparuta percentuale delle transazioni complessive, essendo obbligatorio oggigiorno pagare con bancomat o carta di credito anche il biglietto del bus. Persino in chiesa risulta ormai possibile donare le offerte con un’applicazione su smartphone.
Pagamenti elettronici, più costi per tutti
Spacciati quale segno di modernità, i pagamenti elettronici rischiano di determinare nuovi costi per tutti, negozianti e clienti. Ogni pagamento con carta di credito o bancomat presuppone il sostenimento di un costo da parte del titolare del POS per le commissioni bancarie applicate. Una direttiva UE del 2015 imporrebbe una percentuale massima applicata dagli istituti dello 0,2% per i bancomat e dello 0,3% per le carte di credito, ma in Italia non ci si è ancora adeguati a tali livelli. In ogni caso, si tratta di costi, che verrebbero scaricati sul prezzo finale dei beni e dei servizi. E non sarebbero gli unici, perché anche i piccoli venditori al dettaglio dovrebbero dotarsi di POS, il cui acquisto, installazione e detenzione peserebbero mediamente per 1.700 euro all’anno. Se per i bilanci di una grossa catena di supermercati sarebbe una spesa impercettibile, non lo stesso dicasi per un piccolo dettagliante, magari con fatturato di poche decine di migliaia di euro all’anno.
Costi indiretti potrebbero essere sostenuti dagli stessi clienti. Immaginiamo che un negoziante, una volta sostenuto il costo per il POS, decida di massimizzarne l’uso, imponendo solo pagamenti elettronici alla clientela (in Svezia succede proprio questo), oppure che lo stato, una volta obbligati tutti gli esercenti, introduca il divieto di pagare in contanti anche al di sopra di pochi euro: tutti gli italiani dovrebbero correre in banca ad aprirsi un conto corrente, altrimenti non sarebbero in grado nemmeno di fare la spesa. E sono parecchi coloro che nell’anno 2017 non ne posseggono ancora uno, non avvertendone il bisogno o non avendone alcuna convenienza economica a farlo, dati i costi non indifferenti e sui quali incide l’imposta di bollo per le giacenze superiori ai 5.000 euro su base trimestrale. Insomma, lo stato vorrebbe guadagnarci in ogni modo, non lasciando apparente scampo ai contribuenti dal pagare ancora più tasse. Si conferma la nostra previsione degli ultimi anni, quando vi spiegavamo che l’obbligo per gli esercenti di dotarsi di bancomat sarebbe stato prodromico a un’estensione della lotta al contante per anche i pagamenti di pochi spiccioli.
Giuseppe Timpone, Investire Oggi