Non dovete chiedere a Pisapia se candida me, dovete chiedere a me se candido Pisapia. Massimo D’Alema. Corsera. Quando D’Alema faceva la guerra in Kosovo, io partivo per il Kosovo a lavorare in un campo profughi. Giuliano Pisapia. Corsera. Il premio Nobel agli scienziati che l’anno scorso hanno scoperto le onde gravitazionali. E a Battiato che dal 1996 ci ha fatto una testa così. Antonio Satta. MF. Staino ad Avvenire. Ora si attende l’arrivo di Vauro al Giornale. Claudio Cadei. Il killer di Las Vegas aveva 23 fucili e una passione per le slot machine. Ma quanto prendono i pensionati americani? Antonio Satta. MF. La movida è dei netturbini. Achille Bonito Oliva. Il Venerdì. Trump in visita dopo l’uragano: lancia rotoli di carta assorbente. Che è come distribuire palette e secchielli dopo un terremoto. Milano Finanza. Nonostante abbia accumulato molte primavere sono ancora qua a lavorare da mattina a sera, come mezzo secolo fa. Di che mi potrei lagnare? Parecchi giovani ambiscono a fregarmi il posto? Giusto. Me lo portino via, se sono capaci e vispi quanto me. Io non glielo regalo. Vittorio Feltri. Libero. Roma, intesa come simbolo dell’Occidente, delenda est. Vuole trattare con i barbari. Merita di essere distrutta. Arturo Peréz-Reverte, Il codice dello scorpione. Rizzoli, 2017. A Montecitorio echeggia il grido: «O si cambia o si muore!». Ma che succede se molti coltivano l’idea che cambiare equivale a morire? Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli, 2014. Se vengono fatti dei cambiamenti, peraltro facili da fare, che renderebbero il Rosatellum costituzionale, non farò assolutamente niente. Ma se il Rosatellum resta così com’è, è incostituzionale. Felice Besostri, l’avvocato che con i suoi ricorsi ha affossato l’Italicum ed il Porcellum. Un giorno da pecora, Radio1. Il giovane Vladimir Illich Oulianov divenne Lenin. Uno pseudonimo che proviene dal fiume Lena in Siberia dove Lenin fu inviato come detenuto durante il regime zarista. Stèphane Courtois, Lènin, l’inventeur du totalitarisme. Perrin, 2017. Ne ha inanellati, Luchino Montezemolo, di fiaschi di ogni sorta. Ma nessuno riuscì mai a togliergli di bocca l’empatico sorriso, o a scomporne la uidità della capigliatura (lo chiamavano «Libera e bella» come lo slogan di uno shampoo) . Cesare Lanza. La Verità. Luciano Pavarotti non sapeva leggere la melodia; c’era bisogno di qualcuno che, con santa pazienza, nota dopo nota, ossia tasto dopo tasto del pianoforte, gliela mettesse in bocca, facendogliela memorizzare. Quando diventò un divo di successo questi difetti non fecero che aggravarsi, per l’arroganza, l’egolatria, diciamo pure la superfetazione dell’io, sopravvenute. Onde sostenere che anche nei momenti migliori fosse uno dei più grandi cantanti era, ed è, frutto d’ignoranza o servilismo. Paolo Isotta, storico della musica. Il Fatto. I politici dell’ultima generazione sono giovanissimi; ma hanno dato spesso un’immagine non bella di sé: immaturità, superficialità, impreparazione, improvvisazione nell’affrontare i problemi. Rischiano di essere ricordati come approssimativi, sempre a caccia di scorciatoie. Alla ricerca della battuta brillante per ovviare alla mancanza di competenza. Non parlo solo di Renzi. Penso a un’intera generazione di imprenditori, di tecnici presentati come geni assoluti e poi liquidati con grande velocità, di sindaci anche bravi che però affrontano quasi con goliardia questioni serissime come il terrorismo. Sembrano tutti schiacciati dall’ombra di Berlusconi. Quando lui ha iniziato, loro erano ragazzi; eppure non hanno saputo inventare nient’altro. Giovanni Floris, conduttore tv. La 7. (Aldo Cazzullo). Corsera. Alla ricerca del re alla mancan Sono vent’anni che, sull’immigrazione, la classe dirigente non solo italiana ma anche europea, e comunque di tutta la sinistra, scambia il problema per la soluzione. È passata dalla modalità atarassia-sottomissione a quella dell’illusione, per finire alla soggezione. Prima ha negato l’esistenza del fenomeno, poi ha sostenuto che era salvifico, perché gli extracomunitari ci avrebbero pagato le pensioni e avrebbero fatto i lavori che non vogliamo più fare, infine si è arresa e ha dichiarato che le migrazioni sono ineluttabili e ha cercato di assecondarle con lo Ius soli, figlio di una tipica concezione giacobina della società. Con il massimo rispetto per i giacobini, che avevano una loro grandezza. Tutto questo processo è in antitesi con i principi del centrodestra. Giulio Tremonti, ex ministro delle finanze. (Pietro Senaldi). Libero. In parte, la psicoanalisi è un’eredità paterna: lui curava le piante (me lo ricordo chino sui bancali dove giacevano schiere di fiori malati) e io oggi curo le persone. Mia madre, però, è il mio fiore più bello. L’ho amata molto. Sono l’unico in famiglia che comprende la sua lingua, il dialetto friulano. E ancora oggi, al telefono, mi esprimo in quell’idioma per entrare nel suo intimo. Massimo Recalcati, psicoanalista. (Roberta Scorranese). Corsera. Nella savana c’è di tutto: quando stai lì due o tre mesi a lavorare è diverso da un safari, è un luogo difficile. A parte i serpenti e gli scorpioni, succede di tutto: il mamba nell’accampamento, le formiche legionarie che entrano nella tenda, le iene che ti inseguono di notte, la carica degli ippopotami, il leopardo nascosto nel cespuglio… Cose che possono capitare, nella savana. La regola è: mai scappare. Se scappi sei finito. Anche in posti magnifici, come l’Oman, dal punto di vista del lavoro non puoi mai distrarti. Alberto Angela (Eleonora Barbieri). Il Giornale. Oltre al centro di Rimini, un altro luogo che non si può dissociare dalle estati del capoluogo della costa romagnola è il colle di Covignano, meta obbligata per gustare una fetta di anguria e cercare angoli appartati con nuovi amori. Marco Missiroli, scrittore romagnolo. (Elvira Serra). Corsera. A quarant’anni sono ancora bambini, pure se non lo sanno, perché non hanno vergogna. Sfogli i loro libri e leggi solo storielle, che sono diventate il caso dell’anno o il libro che li ha fatti soffrire perché nessuno lo ha recensito. Ma cosa c’è dentro questi romanzi, cosa hanno davvero messo in gioco di se stessi? Dove il coraggio, il talento, la verità? La mia generazione non esiste, non perché non ha letto Proust o Dostoevskij, ma perché ha smesso di credere che leggere loro, o scrittori della loro stessa statura, sia avere fede nel fatto che la vita è profonda, complessa, che la vita è necessario sognarla, prima di viverla. Andrea Caterini. Il Giornale. La verità non è né nuda né cruda, né pura, né semplice. Roberto Gervaso.
Paolo Siepi