Anche sui mercati finanziari il dato più rilevante uscito dalle urne è la crescita dell’Afd: si teme per l’indebolimento dell’asse Merkel-Macron per il rafforzamento del progetto europeo. Borse viste deboli ma senza scossoni. L’analista: “Schultz ai margini, ora i falchi potranno tornare a premere sulla Bce per la fine degli stimoli”
La divisa unica è scesa fin sotto 1,19 dollari, salvo poi oscillare intorno a quella quota. “I mercati non si aspettavano grandi sorprese da queste elezioni, ma il risultato sorprendentemente elevato del voto a favore del partito di estrema destra Afd rappresenta uno scossone. Non credo comunque che assisteremo a un aumento significativo della volatilità di breve termine, data la reazione sottotono degli investitori a molti dei recenti shock politici. Potrebbe però indebolire la mano della Merkel nella coalizione e avere un impatto sui negoziati della Brexit”, ha commentato da BNY Mellon Paul Hatfield, a capo degli investimenti di Alcentra. Secondo Ubs, i negoziati per la formazione di una nuova coalizione di governo in germania potrebbero richiedere 3-6 mesi data la complessità della situazione che si è venuta a creare dopo le elezioni di ieri.
Sul fronte dei titoli di Stato, Carlo Alberto De Casa, capo analista di ActivTrades, annota che se nell’immediato la situazione delle urne sta penalizzando l’euro, a lungo potrebbe premere sul rialzo della divisa unica: “Non essendoci più al governo l’Spd di Schultz, i falchi della Bundesbank potrebbero avere maggiore spazio nella loro spinta per una riduzione veloce del Quantitative Easing. In altre parole potrebbero avere più forza nell’insistere in un tapering – cioè una riduzione degli stimoli monetari – non troppo soft. Questo potrebbe rafforzare ulteriormente l’euro, che nei primi nove mesi del 2017 è stato uno dei protagonisti assoluti sui mercati valutari, guadagnando circa il 13% nei confronti del dollaro”.
A Piazza Affari si guarda ancora a Fincantieri, che mentre aspetta gli sviluppi sul fronte Stx ha firmato un accordo con Carnival Corporation per la costruzione di una nave passeggeri di prossima generazione per il brand di lusso Cunard. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi si allarga leggermente in apertura di giornata sopra 165 punti base per un rendimento del decennale italiano al 2,11% sul mercato secondario. Sul fronte macroeconomico, di nuovo la Germania è protagonista con l’indice Ifo mentre nel pomeriggio si attendono i discorsi di numerosi personaggi di spicco della Bce. Negli Usa si guarda all’indice della Fed di Chicago e al manifatturiero della Fed di Dallas, con alcuni intervento pubblici di governatori.
La seduta di venerdì scorso a Wall Street è finita all’insegna dell’incertezza. S&P 500 e Nasdaq sono riusciti a portarsi sopra la parità ma il Dow Jones non ce l’ha fatta. L’indice delle 30 blue chip ha comunque terminato la seconda settimana di fila in aumento nonostante per Apple sia stata la peggiore da oltre un anno (-5%): sul titolo del gruppo tecnologico hanno pesato le incertezze legate all’andamento delle vendite dei nuovi iPhone 8 in vista dell’arrivo a novembre dell’iPhone X.
In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso in territorio positivo con l’indice Nikkei che ha registrato un progresso dello 0,50% a 20.397,58 punti, mentre resta alta la tensione nell’area coreana. L’indice Pmi (Purchasing manager index) per il settore manifatturiero del Giappone è salito a 52,6 a settembre rispetto al 52,2 registrato ad agosto: si tratta del valore più alto degli ultimi quattro mesi, secondo i dati provvisori (quelli definitivi saranno diffusi il 2 ottobre). Fuori dal Giappone, i listini asiatici hanno risentito ancora della tensione geopolitica e l’indice Msci Asia Pacific è scivolato dello 0,2%.
L’indebolimento dell’euro a favore del dollaro spinge al ribasso le quotazioni dell’oro, che dopo i massimi dei giorni scorsi scendono sui mercati asiatici dello 0,6% a 1.292 dollari l’oncia. Il prezzo del petrolio si mantiene sopra la soglia dei 50 dollari, in avvio di settimana anche se in leggero calo rispetto alle quotazioni dei giorni scorsi. I contratti sul greggio Wti con scadenza a novembre cedono 13 centesimi a 50,63 dollari al barile. Il Brent scende a 56,80 dollari.
Raffaele Ricciardi, Repubblica.it