Il sospetto è venuto a Renato Brunetta. Troppo silenzio da parte del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sulle parole di Juncker.
Mercoledì il presidente della Commissione europea ha auspicato un’area euro allargata, il ministro unico delle Finanze e persino un Fondo monetario» europeo.
Governi, politica e media europei si sono concentrati su questa riforma a tutto tondo, mentre da noi ha tenuto banco il ringraziamento di Juncker per quello che abbiamo fatto sull’immigrazione. Anche se, visto il flop del piano dei ricollocamenti dei richiedenti asilo, sembrava tanto uno sfottò.
L’Italia si gioca il futuro proprio sulla governance economica di Bruxelles (brutta parola che significa il potere di imporre regole agli stati membri) ma dal governo nemmeno una parola.
Al tavolo che deciderà le regole future dell’Europa siederanno solo il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble, il presidente francese Emmanuel Macron e forse lo stesso Juncker. A noi non toccherà nemmeno uno strapuntino e forse non è un caso.
Pochi giorni fa è stata concessa flessibilità sul rientro dal deficit per lo 0,3% di Pil. Il governo la includerà nella nota di aggiornamento del Def in arrivo la prossima settimana. Tutto fa pensare che l’Italia abbia ottenuto lo sconto da cinque miliardi dietro la promessa di non mettere bocca sulla riforma.
Rispettata la tradizione che ci vuole in prima fila nelle foto opportunity, ma lontani quando si discute di quattrini e si distribuiscono le carte. Salvo poi dovere elemosinare mini strappi a regole che abbiamo prima capito male e poi applicato peggio.
E dire che di cause da sostenere ce ne sarebbero: il nostro debito è alto e l’Europa ci chiede di rientrare a un ritmo che – come ha ricordato ieri Confindustria – è insostenibile. Fuori dalla stanza dei bottoni è difficile fare valere i legittimi interessi nazionali e a Bruxelles nessun italiano sta facendo la fila per farne parte.
Il ministro Padoan ieri ha semplicemente fatto capire che le regole europee non vanno messe in discussione. Sul debito, ad esempio, il ministro condivide i timori di Confindustria e chiede di ridurlo, anche per dare un segnale ai mercati. Poi però ha detto che spera di riprendere quanto prima la sua attività di studioso. Toccherà ad altri accorgersi che siamo di nuovo marginali a Bruxelles, dove si prendono le decisioni più importanti.
Antonio Signorini, Il Giornale