Aerei sempre più pieni, voli in costante aumento e prezzi in calo (ma non sempre). Le compagnie aeree low cost corrono veloci verso il punto di rottura. E mentre dall’Islanda arriva la provocazione di Wow Air che promette un futuro in cui “i passeggeri saranno pagati per viaggiare”, dalla Francia si alza un coro di proteste nei confronti di EasyJet: il sindacato autonomo dei piloti transalpini denuncia “un programma di voli non realistico” suscettibile, anzi, di minacciare “la sicurezza dei passeggeri”.
Un fulmine che arriva a ciel sereno perché mai come in questa estate gli aeroporti europei sono stati presi d’assalto dai turisti. Il problema però è reale, come dimostrano anche i dati di Ryanair: a luglio la puntualità dei suoi aerei è scesa dall’85 all’83%, in compenso crescono passeggeri e bagagli imbarcati (e di conseguenza gli utili della società).
E il sindacato francese – inviando una lettere aperta a Stelios Haji-Ioannou, fondatore e primo azionista di Easyjet – calca la mano proprio su questo aspetto: “La volontà di massimizzare i profitti nel periodo estivo – si legge nella missiva ripresa da Les Echos – spinge la compagnia a programmare più voli di quanti ne possa effettivamente completare”. Una strategia che secondo i piloti spiegherebbe bene il moltiplicarsi dei ritardi e dei voli cancellati all’ultimo minuto.
Solo a luglio, Easyjet ha cancellato 541 voli contro i 350 dell’anno prima con un aumento del traffico dell’8,9%. “Adesso – scrive il sindacato – si chiede ai comandanti di bordo di utilizzare i loro poteri discrezionali per superare il limite stabilito per legge delle ore di volo con lo scopo di realizzare un piano di volo irrealistico, che minaccia la sicurezza dei passeggeri e dell’equipaggio”.
Nonostante le gravi denunce, i sindacati non minacciano alcuno sciopero, ma chiedono che i piloti siano coinvolti nello studio dei programmi di volo: “Quando al centro operativo di Luton prevedono una rotazione di 30 minuti, noi – dicono i piloti – sappiano già che a Parigi è un’operazione impossibile con un tempo di rullaggio”. Tradotto: gli inglesi vorrebbero preparare l’aereo a un nuovo decollo entro trenta minuti dall’atterraggio, ma a Parigi – giusto per fare un esempio – dal momento in cui l’aereo tocca terra, passano almeno 10 minuti prima di arrivare in posizione di parcheggio.
Per il momento, quindi, la protesta francese è rimasta isolata, anche perché è soprattutto all’ombra della Torre Eiffel che vigono regole più stringenti in termini di ore di volo: i piloti inglesi possono volare fino a 12 ore al giorno (limite imposto e livello europeo), salvo sforare di altre due ore in circostanze eccezionali e se il comandante di borda giudica l’equipaggio in grado di sostenere lo sforzo. In Francia, invece, il tempo di volo non può superare le 10 ore e 45 minute. Come a dire che alla base delle vertenza c’è un regolamento completamente diverso.
Giuliano Balestreri, Business Insider Italia