Ma di cosa parliamo quando parliamo di banche? Di qualcosa che esisterà ancora negli anni a venire o stiamo perdendo tempo e fiumi di inchiostro (nonché soldi pubblici) per un business destinato a cambiare radicalmente nei prossimi anni e che finirà ad altri soggetti? Viene da riflettere quando si leggono notizie come questa: Amazon punta a rafforzare “Amazon lending“, nato come un servizio per una serie di Pmi selezionate che vendono i propri prodotti sul sito del colosso dell’e-commerce. Partito sei anni fa, senza un lancio pubblicitario, consente di ottenere prestiti rimborsabili in dodici mesi a tassi di tutto rispetto (per Amazon s’intende) tra il 6 e il 17 %. Lo ha fatto alla Amazon: i prestiti vengono concessi “a inviti” in base ad algoritmi interni che analizzano la popolarità dei prodotti di un venditore, la frequenza con cui si esauriscono le scorte e i cicli d’inventario. Fino a ora non ha fatto grandissimi numeri: ha erogato prestiti per 3 miliardi di dollari, di cui uno nel corso dell’ultimo anno. Ora Amazon pensa più in grande anche in questo campo e – come ha raccontato il Financial Times – prevede di ampliare l’offerta per gli oltre 2 milioni di aziende che usano il “marketplace” e che quindi già pagano Amazon per immagazzinare, imballare e consegnare per loro conto i prodotti ai clienti. In particolare, Amazon ha individuato Stati Uniti, Inghilterra e Giappone come i primi tre paesi cui dedicherà maggiormente le sue attenzioni per il nuovo servizio. Le banche sono avvisate…
la Repubblica