«La divisione Usa aveva bisogno di una “shakerata”, si era seduta. Abbiamo mandato il nostro uomo migliore, con quella esperienza potrà prendere il mio posto. Ma certo mi diverto ancora…». Il lavoro di riorganizzazione su Diesel. I successi di Marni e Margiela. In Otb un unico «ceo» (Stilli). Le idee che arrivano da Red Circle
Diesel non era più quel brand alternativo che era sempre stato. Si era burocratizzata, come dirà Rosso in questa intervista. Oltre alla settima figlia e al ritorno in prima persona in Diesel, ci sono però anche gli investimenti di Red Circle Investments, la società attraverso la quale l’imprenditore veneto rileva quote di minoranza in società innovative. È stato lui, per esempio, uno dei primissimi a sostenere Federico Marchetti nella creazione di Yoox, oggi diventata Ynap dopo la fusione con Net-à-porter, di cui Red Circle possiede il 6,262% (più dello stesso Marchetti). O H-Farm, l’incubatore di start up di cui è Renzo Rosso appassionatissimo.
Eppure, alla domanda del perché abbia scelto suo figlio Stefano come amministratore delegato degli Stati Uniti, un mercato cruciale, Renzo Rosso risponde così: «L’America ha bisogno di fare una grande svolta. Avevamo bisogno di prenderla in mano e di darle una bella “shakerata”. Di svegliarla, insomma, e quindi abbiamo deciso di mandare l’uomo migliore che abbiamo. Intanto, perché Stefano ha una cultura americana avendo studiato là; poi, perché conosce benissimo il gruppo avendo lavorato in tutte le sue aree fino all’ingresso in Otb, dove era co-amministratore delegato. Gli mancava una forte esperienza sul campo. Per noi l’America è il secondo Paese al mondo: visto che dovrà prendere le mie redini, Stefano dovrebbe uscire dall’esperienza americana con le spalle globalmente rinforzate. Lo aiuterà a prendere il mio posto».
Quando il passaggio di consegne con suo figlio?
«Sono anni che dico che voglio lavorar meno e invece sto lavorando sempre di più, ma mi piace anche tanto quello che sto facendo… È un periodo di tali cambiamenti… Ogni volta che vado in H-Farm, che è una fucina di nuove idee, torno a casa e dico “adesso cambio tutto”».
Su Diesel, in effetti, avete dovuto mettere mano.
«Insieme ad Alessandro Bogliolo (ceo di Diesel, ndr) stiamo rompendo le barriere che si erano create tra le varie aree, ognuno faceva il proprio compito senza essere in sintonia con gli altri. È anche colpa mia se Diesel si era strutturata così, mi ero distaccato troppo. Gli altri marchi, invece, vanno benissimo, Marni è un fiore all’occhiello, Margiela con John Galliano è fantastico, con Kids stiamo creano una piccola Staff (la società che produce le licenze degli stilisti, ndr) nell’abbigliamento per bambini, con Props una eccellenza negli accessori. È un momento intenso, carico, non ho più paura di perdere le persone».
Cosa è cambiato?
«La maturazione, 40 anni di esperienza, vedere che essere sempre accomodanti con il management non è più possibile con i tempi attuali, vanno date responsabilità e fatto presente quando uno sbaglia perché non sbagli più. Oggi il mercato non ti aspetta e quando hai 7.500 famiglie che dipendono da te non puoi fare i giochini di quattro manager che si fanno castelletti con doppi e tripli riporti. Oggi comanda il mercato, il consumatore. Le aziende in cui le persone sono abituate a sedere su vecchie poltrone e ad avere una corte di yes-man con mega strutture sono destinate a chiudere. Alitalia è un grande esempio: bisogna concedere le condizioni più favorevoli possibili a chi la comprerà, altrimenti succederà come con Etihad che ce l’ha riportata indietro. Oggi devi essere il più veloce».
Per la prima volta, però, in Diesel state discutendo di 84 esuberi.
«Intanto siamo già scesi a 37 grazie allo spostamento in altre società o alla possibilità di cambiare mansione e stiamo ancora trattando. È che certe funzioni proprio non ci sono più. Questo è un mondo che va verso il digitale e che chiede persone diverse. Già oggi il 15% dei ricavi di Diesel viene dal web, in America abbiamo introdotto il multi-channel due anni e mezzo fa, adesso lo stiamo incrementando in Europa».
Quando sarà a posto Diesel?
«Alla fine di quest’anno ne siamo fuori. La vedo finalmente bene, super cool, stiamo facendo un prodotto bellissimo, ci sono un team e un clima molto positivi».
Suo figlio Stefano era co-amministratore delegato di Otb, cosa succede adesso?
«Riccardo Stilli è l’unico ceo di Otb e abbiamo diviso il gruppo in quattro grandi aree — Asia, Nord America, Europa e Giappone — accorpando le funzioni di supporto, come le risorse umane, il legale, l’information technology o la finanza, che serviranno tutti i marchi. Questo ci permette di avere meno costi e allo stesso tempo di poter attrarre risorse di livello. Resta, invece, naturalmente, separato tutto ciò che riguarda direttamente il business delle singole società».
Con Red Circle avete acquistato un partecipazione di Super, produttore di occhiali di tendenza. Cos’è Red Circle per lei?
«Una fucina, una cosa che mi diverte. È sperimentale. Andiamo a vedere tante cose diverse, compriamo non per rivendere ma per passione pensando a qualcosa che può dare intuito e modernità, qualcosa che Otb non potrebbe mai comprare ma che potrebbe diventare importante domani, come Yoox. Per esempio Depop, l’applicazione per comprare e vendere con il proprio smartphone: sta sbarcando in America e ci sono fior di big player che vogliono comprarla».
Sta dicendo che vende?
«No. Stiamo raccogliendo fondi per darle un grande sviluppo. Nel bio avremmo voluto comprare un paio di altre aziende ma non ci siamo riusciti, gli imprenditori hanno bisogno di risorse ma poi non vogliono interferenze, invece noi vogliamo dire la nostra… Ecco, per me far parte di questi board, con persone che vedono la crema del mondo più innovativo, è essenziale, mi dà un bagaglio di conoscenza senza il quale non potrei essere così veloce».
Senta, ma quante deleghe ha dato davvero a suo figlio Stefano?
«Io non mi occupo delle aree, quindi ha una delega totale.»
Maria Silvia Sacchi, Il Corriere della Sera