Il gruppo contro la delibera dell’Authority che impone di ridurre la quota in Telecom o Mediaset. Il Biscione compra da Telefonica e sale al 100% di Premium
Continua la guerra a distanza tra Mediaset e Vivendi, dopo la mancata cessione ai francesi della pay tv del Biscione Premium. Ieri, secondo indiscrezioni di stampa non smentite, il gruppo guidato dal finanziere bretone Vincent Bolloré ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la delibera Agcom del 18 aprile scorso, con cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (presieduta da Angelo Marcello Cardani) aveva concesso un anno di tempo ai francesi per ridurre entro il 10% o la partecipazione in Telecom Italia (23,9%) o in alternativa quella detenuta in Mediaset (29,9%), onde evitare di violare il cosiddetto Tusmar (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici).
Intanto, alla mezzanotte di ieri, è scaduto il termine entro cui Vivendi avrebbe dovuto comunicare all’Agcom il percorso scelto per scendere di quota nella media company guidata dal vice-presidente e a.d. Pier Silvio Berlusconi e, al momento in cui questo quotidiano è andato in stampa, l’ipotesi prevalente sul mercato è quella di congelare i diritti di voto eccedenti il 9,9% in Mediaset per trasferirli in un trust.
Comunque ieri, Mediaset non è rimasta a guardare e nella stessa giornata ha annunciato di aver acquisito l’11,1% di Premium che era in mano all’operatore spagnolo Telefonica. Così, adesso, il Biscione è arrivato a detenere il 100% del capitale sociale della pay tv. Il valore dell’operazione? Mediaset aveva ceduto la quota a Telefonica nel gennaio 2015 per 100 milioni di euro. Ma oggi, in realtà, l’accordo tra Mediaset e gli spagnoli non prevede nessun pagamento immediato. Si aspetterà che arrivi a Cologno Monzese il risarcimento da parte dei francesi capitanati in Italia da Arnaud de Puyfontaine. Un risarcimento, quello richiesto dal gruppo Fininvest, pari a 1,5 miliardi di euro. Solo allora Telefonica verrà pagata, con una cifra pari all’11,1% del risarcimento stesso.
Comunque vada a finire, lo scontro Mediaset-Vivendi era già scoppiato alla fine dell’anno scorso con gli acquisti a man bassa di azioni in Borsa da parte dei francesi, che avevano fatto mettere in moto Consob e Agcom. Poi a muoversi, nel febbraio scorso, spinta da un esposto della famiglia Berlusconi, è stata la volta della Procura di Milano che sta ancor’oggi indagando il principale azionista di Vivendi Vincent Bolloré e l’amministratore delegato della società de Puyfontaine, per aggiotaggio nell’ambito dell’inchiesta nata con il tentativo di scalata a Mediaset. Il tutto, però, era nato l’8 aprile 2016 quando Mediaset e Vivendi avevano annunciato di aver raggiunto un accordo per lo sviluppo di nuovi progetti industriali su scala internazionale e il contemporaneo scambio reciproco di un pacchetto di azioni pari al 3,5%. Con quel contratto, il gruppo francese si impegnava all’acquisto di Mediaset Premium. Ma già il 26 luglio dello stesso anno Vivendi non voleva più rispettare l’accordo. Per i francesi, la due diligence sulla pay tv di Cologno Monzese aveva fatto emergere risultati discordanti rispetto a quelli resi noti da Mediaset prima di siglare l’intesa. De Puyfontaine ha dichiarato alla stampa che «è come se ci avessero invitato a cena in un ristorante a tre stelle e poi ci siamo ritrovati in un McDonald’s».
Ieri in Borsa il titolo Mediaset ha chiuso la giornata a +0,23% a 3,442 euro. A Parigi quello di Vivendi a -0,07% a quota 20,54 euro.
Italia Oggi