E’ un progetto alternativo per il potenziamento dell’aeroporto di Fiumicino che costa quattro volte meno di quello preparato dalla società AdR-Aeroporti di Roma della famiglia Benetton che gestisce lo scalo: 5 miliardi di euro invece di 20. È un piano efficace e dettagliato per dotare la capitale di una struttura più capiente ed efficiente dell’attuale in vista degli aumenti di traffico sperati, circa 10 milioni di passeggeri in più dal 2021 rispetto ai 40 attuali.
Rispetto al piano ufficiale, quello alternativo ha anche il merito di non intaccare le zone pregiate della Riserva statale del litorale romano riperimetrata appena tre anni fa con vincoli più stringenti grazie a un decreto del ministero dell’Ambiente dopo 7 anni di trattative che hanno coinvolto i comuni di Roma e Fiumicino. Infine quel piano non stravolge il reticolo di canali di irrigazione delle campagne della zona così come prevede invece il progetto ufficiale. Il piano alternativo è stato elaborato per l’agguerrito Comitato “Fuoripista” di Fiumicino da tecnici di primo livello ed è una roba seria. Ma resta al palo.
PROCEDE INVECE come un treno l’altro progetto, quello dei Benetton nonostante sia un concentrato di difetti. A partire dai costi, circa tre volte superiori a quelli del Ponte sullo Stretto, tanto per avere un punto di riferimento noto. E nonostante i danni sicuri e irreversibili che infierirebbero su un ambiente prezioso e supertutelato di cui utilizzerebbe un’area enorme, 1.300 ettari circa per far posto a una quarta e quinta pista, terminal, piazzole, alberghi, negozi. Superfici, guarda un po’ i casi della vita, in gran parte di proprietà dei Benetton che verrebbero espropriate a peso d’oro facendo più che felici i Benetton stessi.
Gli imprenditori veneti si atteggiano come benefattori anche a Fiumicino, investitori illuminati in grado di risolvere i problemi della collettività togliendo le castagne dal fuoco a uno Stato che fa la figura di un mendicante con il cappello in mano. Per l’aeroporto di Roma lo Stato non ha i soldi per il potenziamento, mentre i Benetton quei quattrini ce li hanno, in parte cash e in parte sanno come farseli dare. Il paradosso è che una bella fetta di quei liquidi entra a fiumi ogni giorno nelle casse della società aeroportuale grazie proprio allo Stato e al suo buon cuore.
Il regalo ha una data e un donatore certi: vigilia di Natale del 2012, ultimo giorno di vita del governo presieduto da Mario Monti. Alla chetichella fu concesso allora ad Aeroporti di Roma di aumentare di colpo e in modo consistente le tariffe, circa 10 euro a biglietto aereo, soldi pagati dagli ignari viaggiatori. In cambio i Benetton si impegnavano a investire per lo sviluppo dello scalo. Il raddoppio che propongono è proprio strettamente collegato a quel patto e, a prima vista, sembrerebbe quindi giusto che venisse rispettato. Solo che si tratta di un’intesa truccata, perché il raddoppio è inutilmente eccessivo, costoso e pure dannoso per l’ambiente.
Ai Benetton però piace tanto per almeno due motivi. Primo: serve per ricevere dallo Stato un’altra montagna di quattrini con gli espropri dei terreni. E poi perché per costruire piste, terminal e alberghi i Benetton, presumibilmente, utilizzerebbero le ditte di casa, dalla Spea alla Pavimental, guadagnandoci di nuovo.
Il piano alternativo del Comitato “Fuoripista” è come il classico granello di sabbia che può bloccare un ingranaggio gigantesco. È per questo che la sola esistenza
Il Fatto Quotidiano