La numero uno della vigilanza Bce: sulle due banche venete la palla è nelle mani della Commissione
Il Monte dei Paschi ha passato le forche caudine, Vento Banca e Popolare di Vicenza ancora no. Si possono riassumere così le parole della numero uno della vigilanza europea Danielle Nouy nella conferenza stampa annuale a Francoforte sull’attività della nuova autorità continentale. Piaccia o no, se c’è un Europa che cammina spedita verso regole comuni è quella delle banche. La Nouy ha ricordato che la decisione di dare vita al “Single Supervosory Mechanism” risale ad appena cinque anni fa.
Se c’è un settore in cui i confini valgono poco è proprio quello bancario: “Oggi i crediti deteriorati nell’area dell’euro hanno raggiunto 921 miliardi di euro”. Non pochi, ma in ogni caso 54 miliardi in meno di un anno fa. Da sole autorità di vigilanza e banche non bastano, perché “in alcuni Paesi, il quadro normativo e giudiziario ostacola la soluzione del problema”. Ogni riferimento all’Italia non è puramente casuale. Nouy spiega che le banche hanno davanti a loro “molte sfide”, molte di loro devono rivedere radicalmente il modello di business. “Non sta a noi scriverlo, ma di certo devono essere solide”.
Il Monte dei Paschi, ad esempio: “Il giudizio sulla solvibilità è il punto di partenza della ricapitalizzazione cautelativa da parte dello Stato. E’ una cosa già fatta altrimenti non saremmo qui a parlarne”. Ora il problema è la cessione – la più rapida possibile – dei crediti deteriorati. Uno dei modelli possibili – dice la Nouy – è quello adottato da Unicredit.
La numero uno della vigilanza Bce fa capire invece che la soluzione al problema delle due banche venete è più complesso. “Abbiamo già condiviso le informazioni con la Commissione europea. La palla è nelle mani di Bruxelles. Non è un segreto il fatto che abbiano chiesto una ricapitalizzazione precauzionale. Ci stiamo scambiando le informazioni e il piano include la possibilità di una fusione”. Le parole della Nouy confermano lo scenario già raccontato da La Stampa giorni fa: in questo momento la discussione non è sul se, ma del prezzo di una ristrutturazione per mano pubblica. A mettere l’ultima parola su questo sarà la Commissione, che chiede complessivamente tremila esuberi. Tutto sommato la Nouy non sembra pessimista sulla possibilità di trovare un accordo: “Dopo la ricapitalizzazione precauzionale, in questo contesto, c’è un piano che potrebbe coinvolgere i privati”, ovvero il Fondo Atlante, che non ha nessuna voglia di perdere i soldi utilizzati finora per salvare le due banche da sicuro fallimento.
Alessandro Barbera, La Stampa