di Cesare Lanza
Scommettiamo che Maria Elena Boschi per la seconda volta metterà a rischio la sua carriera politica, che fino a pochi mesi fa sembrava irresistibile? Confesso di dirlo perfino con disappunto: l’ex ministra (oggi sottosegretaria) avrebbe tutto, in apparenza, per conquistare uno stabile successo. È giovane, è bella, buca il video, studia e si applica. E come donna potrebbe avere un consistente riconoscimento da chi si batte a sostegno delle cosiddette quote rosa. Qual è, dunque, il limite della Boschi? A dispetto del suo affabile approccio, l’arroganza nei comportamenti. Direi, ahilei, una incomprensibile e imperdonabile, cocciuta protervia. Simile a quella, e forse superiore, del suo amico Matteo Renzi. Dopo la botta – devastante – al referendum, e cioè dopo più di tre mesi, l’ex ministra è tornata a esibirsi, come (quasi) sempre sorridendo, in pubblico. E per lei è come se non fosse successo nulla. Neanche una parola sugli scottanti argomenti che l’hanno resa invisa agli elettori. Non una parola sul grave problema dell’opportunità – sottolineo, opportunità – politica, in relazione al ruolo del padre nelle vicende bancarie: solo un accenno, polemico ancorché espresso col sorriso, agli aspetti giudiziari. Non una parola sul fatto che abbia disatteso l’impegno preso da-. vanti agli elettori: il ritiro, in caso di sconfitta, dalla vita politica. Cioè: disinvoltura (ma vogliamo chiamarla sfacciataggine?) peggiore di quella di Renzi, che non si è ritirato dalla politica, ma almeno è uscito dal governo. Mi fermo alle due elusività più importanti. Ed è questa distanza dal comune sentire che la rovinerà: non potrà più essere un’attendibile protagonista politica.
Cesare Lanza, La Verità