L’imprenditore, eletto a Palazzo Madama nel 2013, pensa di non ricandidarsi: «Alla mia età non ho velleità di fare carriera politica, ho interpretato il mio contributo come un secondo servizio militare in un mondo in cui l’industria non è all’ordine del giorno»
«Le elezioni? Non sono una priorità. I temi da affrontare sono altri: la crescita insufficiente, la disoccupazione giovanile troppo alta, le riforme che si sono arenate. Le elezioni sono una richiesta politica, le altre esigenze del Paese. Preferirei, quindi, che alle elezioni si pensasse alla fine naturale di questa legislatura, nel 2018». Alberto Bombassei indossa, attualmente, entrambi gli abiti: quello dell’imprenditore, come patron e presidente della Brembo; e quello del politico, eletto nel 2013 alla Camera nelle liste di Scelta civica e oggi nel gruppo Civici e innovatori.
Presidente, cosa pensa del dibattito sull’opportunità o meno di andare a elezioni?
«Che ci sono altre priorità in un momento di emergenza assoluta, come ha sottolineato il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda al Corriere. Anche perché prima di andare al voto serve una legge elettorale condivisa dalla maggioranza».
Non le piace l’attuale legge elettorale?
«Con questa legge c’è quasi la garanzia che nessuno governi. Detto questo, il dibattito politico non può essere solo sulla legge elettorale. Il governo deve lavorare per garantire temi di assoluta cogenza».
Quali?
«Primo fra tutti la crescita. In un momento in cui l’Europa ci chiede di fare un aggiustamento della legge di Bilancio con una correzione di 3,4 miliardi, non possiamo dimenticare che, a fronte di una crescita della zona euro dell’1,7%, per non parlare del 3,2% spagnolo, l’Italia non riesce a raggiungere l’1% annuo».
L’Italia chiede più flessibilità all’Europa proprio per crescere di più.
«Bisogna costruire un sistema di alleanze con gli altri Paesi per ottenere modifiche del patto di Stabilità, per investire al di fuori del calcolo del 3% debito/Pil. Dovremmo cambiare i trattati senza dare all’estero l’impressione di accattonaggio».
Per fare questo ci vorrebbe una Unione Europea, se non più coesa, almeno che ragioni come entità unica.
«Sono d’accordo. E infatti, secondo me, l’Europa deve muoversi come corpo unico. Non ha senso, per un Paese singolo, interloquire con Cina o India. Neanche per la Germania, figuriamoci per l’Italia. Invece ha un suo significato negoziare in forza di 350 milioni di persone».
Tanto più adesso, con l’ondata di protezionismo di Donald Trump. Cosa pensa lei che ha stabilimenti sia negli Usa che nel Messico?
«Penso che per chi ha la possibilità di determinare i destini di un terzo dell’economia mondiale può avere senso chiudersi, almeno nel breve periodo, nel proprio recinto. C’è però una cosa che non mi torna: se guardiamo le esportazioni americane in Messico, sono superiori rispetto alle importazioni dal Messico. E allora a Trump conviene?».
Sull’Italia che effetti potrebbe avere questa strategia trumpiana?
«La penso ancora come Calenda, il ministro con cui ritrovo maggiori affinità: le scelte dell’amministrazione Trump avrebbero un impatto di oltre 45 miliardi di euro sul nostro export».
Dica la verità: il mondo politico ha deluso l’imprenditore Bombassei. Che non si ricandiderà.
«Probabilmente sarà così. Accettai la candidatura su sollecitazione di Mario Monti. Alla mia età non ho velleità di fare carriera politica, ho interpretato il mio contributo come una sorta di secondo servizio militare in un mondo in cui l’industria non è all’ordine del giorno».
Nella sua esperienza politica ci sarà, però, qualche esperienza che ricorderà con soddisfazione.
«Sicuramente, aver acceso la miccia dell’industria 4.0. Ma non va dimenticato, in un mondo in cui materiale e digitale saranno la stessa cosa, l’importanza della formazione di chi accompagnerà questa rivoluzione. E qui dobbiamo investire con grande convinzione».
di Michelangelo Borrillo, il Corriere della Sera