L’etica dei dentisti svizzeri

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In una recente ricerca condotta in Svizzera, è risultato che il 28 percento dei dentisti consultati da un paziente dalla dentatura quasi perfetta hanno invece “trovato” da una a sei carie che dovevano essere assolutamente curate. Chi va da uno specialista – partendo dal dentista per arrivare all’elettrauto o all’avvocato – è per definizione la parte debole. Deve solo fidarsi per la procedura da eseguire e perfino dopo la “cura” non è detto che sappia se quella imposta fosse davvero la migliore delle opzioni o se il costo fosse quello giusto. I “beni” ceduti in questo tipo di transazioni – ossia quelle che iniziano con un implicito o esplicito “fidatevi di me” – sono chiamati dagli economisti anglosassoni “credence goods”, grosso modo “beni di fiducia”. Sia la qualità sia il prezzo del bene sono opinabili, si suppone in rapporto all’autorevolezza e all’abilità di chi lo fornisce. Nel caso in oggetto, Felix Gottschalk del Politecnico Federale di Zurigo (ETH Zürich) e due collaboratori, Wanda Mimra e Christian Waibel – nello studio “Health Services as Credence Goods: A Field Experiment”- hanno voluto esaminare quanto i professionisti abusassero del loro vantaggio di prestigio e di superiore informazione. Per farlo, hanno mandato un soggetto con un minimo difetto dentale – una carie superficiale su un solo dente, non ancora da trattare secondo le “guidelines” professionali svizzere – da 180 dentisti. Cinquanta dei 180 – per l’appunto il 28% – hanno diagnosticato problemi tali da richiedere il loro intervento a un costo medio preventivato di circa €460. È interessante che un maggiore tempo d’attesa per il trattamento riduceva significativamente il rischio della diagnosi “troppo aggressiva”. Ogni giorno d’attesa in più ne abbassava la probabilità di circa l’un percento. Forse il dentista con molto da fare non ha interesse a perdere tempo con le carie immaginarie. Per i cinici lettori italiani, tutto questo non sarà una sorpresa. Già si sospetta che i professionisti a volte “barino”, che è meglio evitare quello che ha appena acquistato una nuova auto, non volendo partecipare troppo alle sue rate mensili… Semmai, attirerà l’attenzione la nazionalità. In Italia gli svizzeri hanno la nomea di essere precisini e corretti. La lezione da trarre potrebbe essere che l’ordine pubblico espresso attraverso parchi e strade sempre a posto e il traffico disciplinato non necessariamente corrisponda alla rettitudine degli abitanti. Forse non è nemmeno tanto una questione di svizzeri. La percezione degli italiani è che il loro sia un paese particolarmente portato per la corruzione. A giudicare dai titoli dei giornali, è così. Ma l’apparenza dipende anche da un fatto di stile, dall’aspetto spesso “folkloristico” delle ruberie nazionali: come nel caso del ministro che “gira” ottanta assegni circolari per acquistare un appartamento – ma è certo di non conoscere il nome del suo benefattore… Non è così che si fa nei paesi più civili, dove i soldi si lavano per benino. Gli americani per esempio, pare pratichino meno di questi giochi – ma quando li fanno, fanno sul serio. Nello scandalo Enron, all’inizio secolo, sarebbero scomparsi circa $60 miliardi. Cambiando la somma in singoli assegni circolari da €9.999 – per scansare i controlli bancari – quante firme ci sarebbero volute per girarli tutti? All’incirca cinque milioni. Non è che altrove rubino meno, rubano meglio.

Nota diplomatica, Gerente: James Hansen