Mentre spunta anche il nome del campione di Formula Uno Lewis Hamilton, il frontman degli U2, Bono, ha detto di provare “rammarico” perché, dai documenti emersi nel “leak” Paradise Papers (la mole di documenti filtrata da uno studio legale con base alle Bermuda, la Appleby, di cui ha dato notizia il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, attraverso decine di media nel mondo), si evince che avrebbe investito in uno shopping center in Lituania il quale avrebbe evaso le tasse, ma ha commentato positivamente il fatto che la questione sia diventata oggetto di notizie. Il cantante irlandese possiede una quota in una compagnia maltese che, secondo i Paradise Papers, avrebbe acquistato il centro commerciale lituano attraverso una holding nel 2007. L’impresa, che si trova nella città lituana di Utena, è ora sotto inchiesta per possibile evasione fiscale, per aver evitato di pagare 47mila euro di tasse locali, usando tecniche di contabilità illegali, secondo quanto hanno riferito Bbc e Guardian.
Hamilton avrebbe invece ottenuto un rimborso fiscale sul suo Bombardier CL635 Challanger rosso acquistato nel 2013. Secondo la Bbc, le autorita’ britanniche stanno indagando su un rimborso Iva da 3,3 milioni di sterline dopo che il Jet e’ stato importato sull’Isola di Man, dipendenza della Corona del Regno Unito, con tassazione bassa. “E’ assolutamente legale per una persona imponibile scegliere la formula della locazione anziche’ acquisto per ridurre l’Iva. L’obiettivo e’ ottenere un vantaggio fiscale”, hanno dichiarato i legali del pilota sancendo l’assoluta leceita’ dell’operazione. L’aereo risulta proprieta’ di una societa’ con sede alle Isole Vergini britanniche che ha noleggiato il jet ad una entita’ con sede sull’Isola di Man. In base alle legislazioni Ue e del Regno Unito, il pilota ha diritto al rimborso di una quota dell’Iva se utilizza il jet solo per viaggi di lavoro.
Sempre stando alle rivelazioni dei Paradise Papers, infine, il brand sportivo Nike sarebbe riuscito ad avvalersi di scappatoie consentite dalla legge olandese per ridurre la sua aliquota in Europa ad appena il 2% contro il 25% pagato in media dalle aziende Ue, osserva Le Monde. Tutti i profitti europei di Nike confluiscono in due societa’ con quartier generale in Olanda e cio’ consente all’azienda’ di non pagare le tasse sui profitti nei Paesi dove le scarpe vengono effettivamente vendute. Lo schema, messo in piedi nel 2014, prevede che una controllata europea di Nike imponga degli oneri alla casa madre per diritti di proprieta’ intellettuale, riducendone cosi’ artificialmente la quota di profitti su cui poi e’ tenuta a pagare le tasse. Le Monde sottolinea come questo sistema sia talmente efficace da aver consentito una riduzione dell’aliquota globale di Nike dal 24% al 16% in tre anni”. I Paesi europei stanno chiedendo all’Olanda di rimediare all’ammanco ma non ci sono indicazioni di una violazione della legge da parte di Nike che, quando e’ stata contattata da Le Monde, ha risposto di aver agito in linea con le norme fiscali.
ItaliaOggi