Un complotto per far naufragare i piani della transizione al vertice della leadership cinese e per rovesciare Xi Jinping. Una teoria che circola da anni tra gli osservatori delle trame interne ai palazzi del potere di Pechino. Però, questa volta, a rilanciarla è il capo dell’agenzia statale China Security Regulatory Commission. Secondo Liu Shiyu, «alcuni funzionari di alto livello, enormemente corrotti, hanno pianificato di usurpare la leadership e di prendere il potere».
Il capo della Consob cinese, intervenendo a un evento a margine del 19esimo Congresso del Partito comunista, ha fatto anche i nomi dei ‘congiurati’. Zhou Yongkang: fino all’autunno 2012 al vertice degli apparati della sicurezza e membro del Comitato Permanente del Politburo nella precedente amministrazione. Bo Xilai: già potentissimo Segretario del Partito Comunista di Chongqing. Ling Jihua: braccio destro dell’ex-Presidente cinese Hu Jintao. Poi i generali Guo Boxiong e Xu Caihou: fino a cinque anni fa entrambi con un posto nella Commissione Militare Centrale. Insomma, una serie di funzionari di altissimo profilo – le cosiddetti «tigri», nella retorica cinese – caduti in disgrazia negli scorsi anni: vittime della campagna anti-corruzione e già condannati a scontare lunghi periodi di carcere.
Tra i dirigenti cinesi inclusi nella lista di Liu Shiyu c’è però anche Sun Zhengcai. Lo scorso luglio – con una mossa a sorpresa – l’ex-leader del Partito comunista di Chongqing e astro nascente nella politica cinese era stato sostituito alla guida della megalopoli della Cina sud-orientale e poi espulso dal Partito comunista con la formula delle «gravi violazioni disciplinari», un eufemismo generalmente usato quando le accuse sono di corruzione. «La leadership del Partito con Xi Jinping come suo centro – chiosava quindi il capo della China Security Regulatory Commission – ha salvato il Partito, le forze armate e il paese negli ultimi cinque anni». I dubbi sull’immagine di apparente granitica unità del Partito comunista arrivano mentre il presidente cinese si prepara a rafforzare ulteriormente il suo ruolo al vertice della leadership di Pechino. Pur negando ogni forma di lotta per il potere in Cina, lo scorso anno era stato lo stesso Xi Jinping a mettere in guardia da «un piccolo gruppo di quadri di alto livello» che spinta da «crescenti brame il potere» aveva formato «cricche e gang» all’interno del Partito comunista.
Francesco Radicioni, La Stampa