Tutto è pronto ad Arcinazzo per la prima assoluta di un film che racconta la magia del viaggio e dell’incontro “ai confini estremi del mondo”, un film carico di emozioni e di speranza, e che ora, dopo l’abbraccio simbolico degli intellettuali che si ritroveranno sabato e domenica sui pianori di Arcinazzo a riflettere di fede e di forza cristiana, si prepara ad affrontare la grande critica internazionale. Sarà per il regista Salvatore Metastasio una grande occasione e un grande privilegio insieme. A vedere in anteprima il suo film saranno infatti i “numeri-uno” del mondo salesiano contemporaneo, quei “ragazzi” che sulla scia degli insegnamenti di don Bosco, e quindi figli privilegiati della migliore scuola salesiana, sono oggi diventati fra i nuneri-uno della società contemporanea. Managers, scienziati, clinici, economisti, intellettuali di razza e di respiro internazionale. Il film che don Francesco Motto ha voluto che si programmasse per questo speciale raduno di preghiera e di riflessione è in realtà una docu-fiction dal titolo A sud del sud, di Salvatore Metastasio – sottotitolato in francese, inglese, spagnolo e portoghese – che racconta il viaggio di due Italiani che si incontrano per caso al Fuerte Bulnes, 60 chilometri a sud di Punta Arenas, in Cile e poi proseguono insieme fino a capo Froward, la punta più meridionale del continente americano. Il più giovane, Diego, dichiara che sta facendo un sopralluogo per conoscere il mondo degli indios yaganes, perché ha intenzione di fare un film su Darwin e della sua amicizia con Jemmy Botton, l’indio che era a bordo del Beagle nel famoso viaggio del 1832, nel corso del quale il giovane studioso inglese mise le premesse per elaborare la teoria dell’evoluzione. Pertanto Diego prima si è recato a Wulaia, sull’isola Navarino, poi è andato a Puerto Williams, dove ha incontrato l’ultima discendente degli indios yaganes, da qui è passato a Punta Arenas attraversando il canale Beagle ed infine intende arrivare al cimitero degli Inglesi, dove vi è sepolto il primo comandante del Beagle, Pringle Stoke suicidatosi nel 1828. L’uomo anziano, Alessandro, racconta invece che ricordandosi dei sogni di don Bosco sulla Patagonia che un salesiano gli aveva raccontato quanto era fanciullo, si è messo sulle tracce di quel sogno. Ha iniziato il suo viaggio all’imboccatura dello stretto di Magellano, ha visitato la estancia S. Gregorio – la prima della Terra del Fuoco – poi è andato alla missione salesiana di Rio Grande (Argentina) fondata da mons. Fagnano nel 1894, e dopo aver attraversato lo stretto è giunto al Fuerte Bulnes. In ogni caso intende arrivare a capo Froward, dove vi è una croce monumentale, messa da un salesiano uruguayano, don Salaberry, nel 1913, sia per compiere il mandato della Bibbia “porterai la mia parola ai confini del mondo” sia perché in quell’anno cadeva il XVI° (secolo) anniversario dell’editto di Costantino (313), con il quale si concedeva al cristianesimo la libertà di culto. L’uomo anziano convince il giovane a proseguire il viaggio insieme fino alla croce e durante l’ultimo tratto fra i due uomini nasce un’amicizia nutrita però di incomprensioni. E’ lo scontro fra la scienza e la fede, dove da parte del giovane viene affermato il primato di una visione positiva, ottimista della vita, alimentata da una grande fiducia nella ragione e nella scienza capace di risolvere le contraddizioni del mondo e dall’altro una visione più pessimista e drammatica dell’uomo anziano, che vede una grande superficialità in questo modo di ragionare. Una superficialità che nasce dal fatto che un uomo senza “fede” finisce per trascurare la parte più feconda della vita, quella di sentirsi parte di un tutto, creatura fra le creature, in attesa della “rivelazione”: trovare una “divinità” in ognuno di noi, quella che si può scoprire riflettendo sul significato della Croce, vista non tanto come simbolo religioso ( per i credenti) piuttosto segno di un contatto fra cielo e terra per ogni uomo. Questa è la storia che ci raccontata il regista del film, il quale all’inizio spiega che “egli trenta anni prima era andato nella Terra del Fuoco, dove aveva incontrato l’uomo anziano con il quale aveva fatto insieme l’ultima parte del percorso fino alla croce. Il ricordo di quel viaggio lo aveva accompagnato tutta la vita; poi, trenta anni dopo appunto, è riuscito a fare il film, ma non sul viaggio dello scienziato inglese, bensì su quella strana amicizia. Il film finisce con il regista che affida a tutti un particolare messaggio, l’infinito non lo vedi se nel cuore non lo hai. Questo significa che viaggiare non significa andare incontro all’orizzonte, ma sorpassarlo, andare oltre lo sguardo e vedere quanto grande è il nostro cuore prima di partire”.