Nel frattempo cresce il numero delle startup, le aziende altamente innovative, che scommettono su questa nuova frontiera. Da noi però la velocità è ancora ridotta. Mentre in altri Paesi questo mondo è molto attivo e vivace, in Italia il FinTech cresce ma solo a piccoli passi. Il sistema del Bel Paese non è pronto alla rivoluzione della tecnologia. È questo, in breve, quanto dimostrato dal primo rapporto dell’Osservatorio Digital Finance della School of Management del Politecnico di Milano presentato a fine gennaio durante il convegno «Digital Rethinking nel Banking e Finance».
Secondo la ricerca, negli ultimi sei anni sono nate (a livello internazionale) più di 750 nuove aziende FinTech, che hanno raccolto ben 26,5 miliardi di dollari di finanziamenti. Il 96% delle startup FinTech si rivolge direttamente al consumatore o a un’azienda non finanziaria ma è alta la percentuale di quelle che sono pronte a collaborare anche con le banche e gli altri attori tradizionali del settore. Tante quelle che «non riusciranno a disintermediare il mondo finanziario tradizionale, ne diventeranno un partner utile per i loro obiettivi» hanno spiegato gli esperti.
Un ruolo fondamentale, in questa rivoluzione, lo ricopre l’intelligenza artificiale, che rende più efficienti i processi di investimento nell’Asset Management. Ma, riferisce lo studio del Politecnico di Milano, oggi soltanto il 18% dei grandi istituti tradizionali internazionali utilizza strumenti digitali avanzati. In gran parte dei casi (68%) la componente umana e robotica coesistono largamente. Nel 23% dei casi le piattaforme online offrono strumenti, analisi e informazioni in real-time. Soltanto nel 9% degli istituti sono presenti i «Robo Advisor», piattaforme digitali sul web che generano servizi di consulenza di investimento in automatico.
Sandra Riccio, La Stampa