Il summit dei banchieri centrali è l’appuntamento finanziario più atteso dell’estate. Si attendono le parole di Mario Draghi e Janet Yellen. Dall’inflazione alla bolla speculativa: ecco le cinque parole chiave del vertice
Inflazione, tapering, crescita, Supereuro, bolla speculativa. Sono almeno cinque i convitati di pietra del summit in corso a Jackson Hole, in Wyoming. I fari sono puntati soprattutto sui discorsi sul presidente della Fed Janet Yellen e su quello del numero uno della Bce Mario Draghi. Su di loro, attese diverse per problemi diversi che interessano le due economie. Ecco cinque grafici che evidenziano quali sono i temi al centro dei pensieri delle due banche centrali.
Inflazione. Rischio surriscaldamento negli Usa, ancora troppo bassa in Europa
L’inflazione, cioè la crescita dei prezzi, è il faro della politica monetaria. La Fed e la Banca Centrale Europea hanno un obiettivo preciso: raggiungere e mantenere un livello vicino ma inferiore al 2%. Negli Stati Uniti a giugno il dato Pce (Personal Consumption Expenditures Price Index), uno dei riferimenti preferiti dalla Fed, è salito dell’1,4%, stabile invece rispetto al mese precedente. Nell’Eurozona, l’ultma stima flash di luglio, vede invece l’inflazione europea fermarsi all’1,3%. Stati Uniti ed Europa sono afflitti però da proccupazioni diverse. Oltreoceano in una parte del board della Banca Centrale Usa cresce la preoccupazione che l’inflazione sia destinata a crescere sensibilmente e che quindi sia opportuno arginarla per tempo procedendo a un rialzo dei tassi di interesse, strumento tradizionale di politica monetaria per “raffreddare” l’economia. Non tutti però ne sono convinti, ritenendo invece che un rialzo prematuro possa danneggiare la ripresa Usa. Divisioni che sono emerse chiaramente nell’utlima riunione di luglio, come documentato dalle minute pubblicate qualche giorno fa. In Europa invece l’inflazione fatica a stabilizzarsi verso l’obiettivo del 2% e in seno al consiglio direttivo non c’è alcuna discussione a proroposito di un possibile rialzo dei tassi, attualmente a zero.
I bilanci, la Fed pensa alla dieta
Il bilancio di entrambe le banche centrali è cresciuto sensibilmente negli ultimi anni, grazie ai programmi di acquisti di titoli. Le due banche si muovono però “in differita”. La Fed ha iniziato la riduzione dell’acquisto di titoli a partire dal 2013 completandolo alla fine dell’anno successivo. Il tema in discussione ora è quello della riduzione del bilancio, le cui dimensioni come si vede si sono ormai da tempo stabilizzate (curva gialla). Le Bce ha altri pensieri. Il Quantitative Easing procede nonostante i malumori tedeschi, ma presto o tardi Francoforte dovrà iniziare a valutare una progressiva sforbiciata degli acquisti, il cosiddetto tapering, che rappresenta l’anticamera dell’uscita dal programma. Ad oggi, l’unica scadenza fissata è il dicembre 2017, anche se più volte Draghi ha spiegato che gli acquisti potrebbero procedere al ritmo attuale di 60 miliardi al mese anche oltre quella data.
Crescita felice
Per una volta, dopo molti anni, la crescita non è il cruccio principale dei Paesi. Seppure a passo diverso, dal Nord al Sud del mondo si segnalano solo segni più. Lo ha evidenziato recentemente anche l’Ocse, sottolineando come per la prima volta da dieci anni tutte le 45 economie più grandi del mondo chiuderanno il 2017 in positivo.
La minaccia di Supereuro
Non mancano però le preoccupazioni. L’ultima l’ha messa in evidenza proprio il presidente della Bce Mario Draghi nell’ultima riunione del consiglio direttivo dell’Eurotower, come è emerso dai resoconti pubblicati da Francoforte: il timore di eccessivi futuri rialzi dell’euro. La maggior parte degli analisti considerano 1,2 come soglia di sicurezza, oltre la quale l’economia rischia di essere penalizzata da un cambio troppo sfavorevole per il nostro export. Il livello è ancora lontano, ma se si guarda al trend dall’elezione di Trump in avanti il campanello d’allarme sembra suonato.
Lo spettro della bolla
Ma è qualcos’altro che rischia soprattutto di non fare dormire sonni tranquilli. L’esplosione dei listini azionari alimenta più di una paura. Il Dow Jones mette a segno record su record, l’ultimo all’inizio del mese quando ha superato per la prima volta quota 22 mila punti. Come evidenziato recentemente da Repubblica, gli indizi sparsi per strada non mancano: le Borse americane hanno oscillato in una banda dello 0,3% per 15 sedute, un fenomeno che non succedeva da 90 anni. E sempre a Wall Street, i valori attuali sono oltre trenta volte gli utili medi decennali. I precedenti non sono per nulla incoraggianti: è successo solo tre volte dal 1881: prima della crisi del ’29, prima di quella del 2007 e oggi. Cresce anche l’indebitamento Usa: tra pubblico e privati ha toccato quota 71 mila miliardi, il 40% rispetto al 2007.
Flavio Bini, Repubblica.it