Nel secondo trimestre il pil è aumentato dello 0,6% rispetto al trimestre precedente sia in Eurozona che in Ue a 28 Paesi, mentre la crescita è stata pari al 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2016 nell’Eurozona e al 2,2% in Ue. Il movimento al rialzo dell’euro è legato ai flussi di chiusura del mese
Leggera accelerazione dell’economia europea. Secondo i dati diffusi da Eurostat questa mattina, nel secondo trimestre il pil è aumentato dello 0,6% rispetto al trimestre precedente sia in Eurozona che in Ue a 28 Paesi, mentre la crescita è stata pari al 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2016 nell’Eurozona e al 2,2% in Ue. Nel primo trimestre era aumentata rispettivamente dell’1,9% e del 2,1% annuale.
La crescita è stata in linea alle aspettative degli economisti e rappresenta una crescita annualizzata del 2,3%, leggermente più lenta di quella statunitense e superiore a quella della Gran Bretagna. Il dato più significativo è quello anno su anno, sui massimi sin dall’inizio del 2011, a dimostrazione che l’Eurozona sta sperimentando la sua espansione più duratura sin dalla Grande Recessione.
Il dato rende più probabile un inasprimento della politica monetaria da parte della Banca centrale europea alla fine di quest’anno anche se molti economisti ritengono che il pil della zona euro possa rallentare in futuro, a causa delle elezioni politiche in diversi Stati membri e dell’aumento dei costi dell’energia. Il dato non ha avuto un grande impatto sulla borse europee, che restano in rialzo (Dax +0,39%, Cac40 +0,52% e Ftse 100 +0,75%).
Anche l’indice Ftse Mib di Piazza Affari, sostenuto dal comparto petrolifero, segna un +0,35% a 21.562 punti. Mentre sul fronte valutario, il cambio euro/dollaro scambia a 1,1813, sgonfiandosi leggermente dai massimi degli ultimi due anni e mezzo toccati questa mattina in Asia fino a 1,1846, massimo da gennaio 2015, dopo che dalla lettura finale del Pmi manifatturiero a luglio è emerso un settore manifatturiero europeo ancora in espansione, ma a ritmo più modesto di giugno e di due decimi al di sotto della prima stima.
“Non vi sono state notizie particolari tali da giustificare il movimento al rialzo dell’euro che potrebbe essere legato probabilmente a flussi di chiusura del mese. La forza dell’euro sta continuando a penalizzare i listini della zona euro, in particolare il Dax, mentre in quelli Usa è il settore tecnologico la componente al momento più volatile”, hanno sottolineato gli esperti dell’ufficio studi di Mps.
Comunque per quanto riguarda il dollaro, i recenti commenti di Richard Fischer, ex capo della Fed di Dallas e amico del presidente Usa, Donald Trump, sembrano indicare che “la debole inflazione arriva dai dati economici deboli, che arrivano da una debole gestione politica”, ha osservato Toshiyuki Suzuki, analista di Bank of Tokyo Mitsubishi Ufj. “Tale situazione suggerisce un ulteriore rallentamento degli incrementi del costo del denaro, una cosa non positiva per il biglietto verde”.
Francesca Gerosa, Milano Finanza