“Siamo impegnati a capire, verificare, approfondire. Ma una cosa e’ assolutamente certa: non si tratta di un gioco. E a presentarlo come tale si rischia di commettere un tragico errore di valutazione”. Il sostituto commissario Marco Valerio Cervellini, responsabile dei progetti educativi della Polizia postale e delle comunicazioni, parla con l’AGI di “Blue Whale Challenge“, la sfida della Balena azzurra che, complice anche un servizio delle Iene, da qualche giorno in qua sembra agitare i sonni di molti genitori italiani: perche’ chi se ne lascia irretire – per lo piu’ adolescenti, utenti di social – verrebbe ‘spinto’ a una serie successiva di presunte ‘prove di coraggio’ destinate a culminare, al compimento del 50esimo giorno, con il suicidio. Esattamente come fa una balena spiaggiandosi, senza un motivo apparente. “Al momento stiamo indagando su una cinquantina di casi in tutta Italia”, ammette Cervellini, “ma ce ne stiamo occupando da un po’, da prima che se ne cominciasse a parlare in tv: a convincerci che qualcosa non andava ha contribuito l’insistenza con la quale tanti ragazzi, anche delle primarie, ce ne parlano negli incontri con le scolaresche, quelli che facciamo nell’ambito dell’iniziativa ‘Una vita da social’. Almeno un paio di Procure avrebbero aperto fascicoli, ipotizzando il reato di istigazione al suicidio, e sconcerto ha suscitato in particolare il caso della 13enne di Pescara che, dopo essersi sentita male a scuola, ha raccontato di aver partecipato al ‘gioco’, anzi di essere gia’ a uno step avanzato. “Le indagini sono in corso, e’ presto per sbilanciarsi sul caso specifico – ammette il sostituto commissario – ma prima di liquidare il tutto come una fandonia social, una bufala, e’ bene essere sicuri. Mai come in questo caso, meglio un allarme infondato che un allarme non lanciato: perche’ a rischio potrebbe essere l’incolumita’ dei nostri ragazzi”.
L’inquietante ‘moda’, come noto, arriverebbe dalla Russia, dalla sciagurata idea di un ragazzo che si sarebbe dichiarato colpevole di aver ‘guidato’ al suicidio un numero imprecisato di ragazzi (130, secondo alcune fonti) vestendo i panni del tutor: a chi decide di partecipare – di regola dopo aver digitato un determinato hashtag facilmente reperibile in rete, sui social o addirittura attraverso App dedicate – viene chiesto infatti di sottoporsi, giorno dopo giorno, a ‘prove’ di difficolta’ crescente, dall’alzarsi in piena notte per vedere un film horror a sporgersi nel vuoto, fino a infliggersi tagli e altre forme di autolesionismo: l’ultimo giorno coinciderebbe con il ‘the end’, ovvero con la morte auto inflitta gettandosi dall’ultimo piano di un edificio. “Al momento – spiega Cervellini – il nodo da sciogliere e’ fondamentalmente uno: capire se si tratta, almeno in parte, di un fenomeno autoprodotto, in cui l’emulazione assume un peso decisivo e favorisce la formazione di gruppi, o se dietro tali gruppi c’e’ davvero un master, una qualche mente perversa che manipola la volonta’ degli iscritti e li guida a tutta una serie di azioni progressivamente sempre piu’ pericolose”, magari ricattandoli con la minaccia di rendere pubbliche informazioni personali sul loro conto. Un incubo travestito da sogno, insomma. Dal quale pero’ non e’ difficile difendersi. Come? “Non esitando a segnalare situazioni sospette. E, soprattutto, migliorando la comunicazione genitori-figli. Quasi sempre parlare in modo franco, e senza pregiudizi e colpevolizzazioni, di un problema, e’ il modo migliore per risolverlo”.
Blue Whale: Polizia postale, i consigli per genitori e ragazzi
Come difendersi da “Blue Whale”, il discusso ‘gioco del suicidio‘ finito all’attenzione dei media dopo un recente servizio televisivo. Lo spiega sull’homepage del proprio sito (www.commissariatodips.it) la Polizia postale e delle comunicazioni, impegnata a coordinare “gli interventi attivati a seguito delle numerose segnalazioni pervenute”, al fine di “individuare la presenza di eventuali soggetti che si dedicano ad indurre minorenni ad atti di autolesionismo ed al suicidio attraverso l’uso di canali social e app” ovvero di “intercettare fenomeni di emulazione nei quali pericolosamente possono incorrere i piu’ giovani in rete in preda alle mode del momento o guidati da un’improvvida fragilita’ magari condivisa con un gruppo di coetanei”. Queste le raccomandazioni per i genitori: – “aumentate il dialogo sui temi della sicurezza in rete: parlate con i ragazzi di quello che i media dicono e cercate di far esprimere loro un’opinione su questo fenomeno”; – “prestate attenzione a cambiamenti repentini di rendimento scolastico, socializzazione, ritmo sonno veglia: alcuni passi prevedono di autoinfliggersi ferite, di svegliarsi alle 4,20 del mattino per vedere video horror, ascoltare musica triste”; – “se avete il sospetto che vostro figlio frequenti spazi web sulla Balena Blu-Blue Whale parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare ne’ sminuire: puo’ capitare che quello che agli adulti sembra ‘roba da ragazzi’ per i ragazzi sia determinante”; – “se vostro figlio/a vi racconta che c’e’ un compagno/a che partecipa alla sfida Balena Blue-Blue-Whale, non esitate a comunicarlo ai genitori del ragazzo se avete un rapporto confidenziale, o alla scuola se non conoscete la famiglia; se non siete in grado di identificare con certezza il ragazzo/a in pericolo recatevi presso un ufficio di Polizia o segnalate i fatti a www.commissariatodips.it“.
Cinque i consigli per i ragazzi: – “nessuna sfida con uno sconosciuto puo’ mettere in discussione il valore della tua vita: segnala chi cerca di indurti a farti del male, a compiere autolesionismo, ad uccidere animali, a rinunciare alla vita su www.commissariatodips.it”; – “ricorda che anche se ti sei lasciato convincere a compiere alcuni passi della pratica Blue Whale non sei obbligato a proseguire: parlane con qualcuno, chiedi aiuto, chi ti chiede ulteriori prove cerca solo di dimostrare che ha potere su di te”; – “se conosci un coetaneo che dice di essere una balena Blu-Blue whale parlane con un adulto: potrebbe essere vittima di una manipolazione psicologica e il tuo aiuto potrebbe farlo uscire dalla solitudine e dalla sofferenza”; – “se qualcuno ti ha detto di essere un ‘curatore’ per la sfida Blue Whale-Balena Blu sappi che potrebbe averlo proposto ad altri bambini e ragazzi: parlane con qualcuno di cui ti fidi e segnala subito chi cerca di manipolare e indurre dolore e sofferenza ai piu’ piccoli a wwww.commissariatodips.it”; – “se sei stato aggiunto a gruppi Whatsapp, Facebook, Istagram, Twitter o altri social che parlano delle azioni della Balena Blu-Blue Whale parlane con i tuoi genitori o segnalalo subito su www.commissariatodips.it”.
Blue Whale: la psicologa, attenzione all’effetto contagio
“E’ bene parlarne, perche’ essere consapevoli di un pericolo aiuta a evitarlo, ma un’informazione sbagliata rischia di provocare, paradossalmente, un effetto contagio”. Maura Manca, psicologa, psicoterapeuta, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza, spiega all’AGI che “Blue Whale”, il ‘gioco’ social che, attraverso una serie di prove successive, spingerebbe chi vi partecipa sino al suicidio, “non e’ una novita’, sono mesi che i ragazzi ne parlano, e’ solo diventato virale dopo il servizio delle Iene. In pratica, quello che prima era noto soprattutto ai frequentatori abituali dei gruppi chiusi, dei tanti giochi per lo piu’ a sfondo macabro od horror che pullulano in rete, da un giorno all’altro e’ diventato di pubblico dominio. E l’impatto, credetemi, sui ragazzi, soprattutto sui piu’ giovani, e’ stato fortissimo: ne sono letteralmente terrorizzati, usano con piu’ cautela i social, chiedono che rischi corrono, vogliono soprattutto sapere se una cosa del genere puo’ capitare anche a loro. E questo perche’ e’ passato un messaggio profondamente sbagliato: quello secondo cui qualsiasi adolescente puo’ essere adescato, manipolato e addirittura pilotato fino al suicidio. Il che naturalmente non e’ vero. Dobbiamo smettere di credere alla favola del lupo cattivo vestito da Cappuccetto Rosso di cui tutti possono rimanere vittime”. Per i giovanissimi esponenti di quella che Manca ha definito “la generazione hashtag” non c’e’ solo l’insidia di Blue Whale: i gruppi web che incitano all’autolesionismo o al suicidio, che spiegano come farsi male, come procurarsi dei tagli o come sfidare la morte sono tanti “ma per restarvi intrappolati ci deve essere una predisposizione a questo tipo di contenuti, non bastano la tipica curiosita’ adolescenziale o il gusto della sfida”.
Tra bullo e vittima – sottolinea Manca – si crea spesso un rapporto quasi esclusivo, ‘quel’ bullo cerca ‘quella’ vittima; un meccanismo dello stesso tipo lega chi adesca e chi viene adescato, perche’ il primo legge le vulnerabilita’ del secondo e gli offre esattamente cio’ che cerca. Allora si’ che puo’ crearsi una dipendenza, che nei casi piu’ gravi puo’ portare anche a conseguenze estreme”. La psicoterapeuta non nasconde il suo scetticismo su Blue Whale: “La Polizia postale sta indagando, conferma che ci sono dei casi da approfondire, ma e’ difficile per ora dimostrare se e quanti davvero vi hanno partecipato. L’impressione e’ che si sia entrati nel loop ‘prima l’uovo o la gallina’: prima tutto era soffuso da un alone di mistero e il gioco era selezionato, ad ‘inviti’, ora Blue Whale e’ sulla bocca di tutti e c’e’ chi la va a cercare, chi si sforza di trovare il modo di entrare, moltiplicando i rischi di cadere davvero nelle mani del manipolatore di turno”. Da addetta ai lavori, Manca parla pero’ di “allarme eccessivo”, ed e’ colpita anche da un’altra anomalia, dal fatto che dei genitori possano eventualmente non accorgersi che il loro figlio e’ caduto in qualcosa di piu’ grande di lui: “L’adolescenza e’ un periodo difficile, e’ vero, certi segnali di disagio possono essere mal interpretati, ma come si puo’ ignorare che un ragazzo si fa dei tagli sulle braccia, esce di notte o si alza per vedere dei film horror, fa discorsi strani o disegna balene azzurre? E tutto questo non occasionalmente, ma per 50 giorni di fila? Il vero problema e’ che tanti genitori non conoscono davvero i loro figli, non sanno davvero ‘chi’ sono nella vita reale e tantomeno nella rete. Uno spazio ancora piu’ grande che crea un gap ancora piu’ profondo”.