Denaro contante, assegni, carte di credito prepagate, telefoni cellulari, lavori edili, complementi di arredo, un’automobile: sono queste le utilita’ che – secondo la guardia di finanza di Brindisi – un imprenditore di Monteroni avrebbe fatto avere a cinque dipendenti della Centrale Enel Federico II di Brindisi in cambio degli appalti. Il sistema sarebbe stato realizzato a insaputa di Enel che nell’inchiesta brindisina e’ parte lesa.
Come ha spiegato il colonnello della guardia di finanza Tiziano Lagrua, gli investigatori hanno trovato numerosi riscontri, attraverso i racconti di alcuni testimoni (che avrebbero consegnato buste e telefoni) o tramite le ditte che hanno effettuato lavori nelle case di alcune delle persone arrestate, che sono stati pagati dal corruttore. Trovato anche il riscontro dell’utilizzo della carta di credito prepagata, presso negozi di un centro commerciale e in strutture turistiche. Contestualmente, i finanzieri hanno verificato che i lavori appaltati erano stati solo parzialmente eseguiti, a partire da quello per la realizzazione di un muro di contenimento anti-esondazioni. Secondo quanto e’ stato accertato, l’imprenditore per riuscire a presentare offerte economicamente vantaggiose, dopo aver ottenuto gli appalti era costretto ad utilizzare materiale scadente, a gonfiare le fatture e poi ad assumere manodopera di cui non aveva bisogno per assecondare le richieste dei coindagati. “Il titolare della ditta – ha chiarito il colonnello Lagrua – era stato inserito fin dal 2010 in un sistema di fidelizzazione, come un cerchio dal quale non riusciva piu’ ad uscire”. Nei confronti delle cinque persone arrestate e’ stato eseguito anche un sequestro preventivo per complessivi 230.000 euro, tra conti correnti, beni mobili e immobili. La necessita’ di applicare misure cautelari, secondo il gip Stefania De Angelis, risiede nel pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio. Nessuna esigenza cautelare, invece, a carico dell’imprenditore, indagato per corruzione in concorso, che ha reso dichiarazioni ritenute dal procuratore Marco Di Napoli “verificate, particolareggiate, analitiche, quindi completamente attendibili”.