Diego Maria Gradali è un pittore che conosce come pochi il mondo della comunicazione e le tecniche della pittura. Non è prigioniero di uno stile. Ma si esprime con stili diversi in funzione degli obiettivi che, di volta in volta, si propone di raggiungere. Il suo percorso artistico (e comunicazionale) è efficacemente riassunto da questi tre quadri ad olio.
Il primo (Pomegranate, melograni) è un dipinto volutamente e sontuosamente iperrealistico. «Ho fatto quadri di questo tipo», dice Gradali, «perché volevo dimostrare, a me e agli altri, che sono un pittore che possiede, a livello sommo, la tecnica pittorica, in un momento in cui invece, gente senza mestiere alle spalle e che ha imboccato delle scorciatoie, si afferma con trovate, o trovatine, in grado di attirare l’attenzione del pubblico che spesso è manipolato ed è quindi restio a dire quel che pensa».
Gradali aggiunge: «Non si è scrittori se non si sa scrivere. Così non si è pittori se non si sa dipingere. L’abilità tecnica è il presupposto dell’opera artistica anche se, certo, non è sufficiente a fare un’opera d’arte di cui peraltro essa è la premessa, il naturale presupposto».
Il secondo quadro (Afternoon a NYC), realizzato appositamente per un grande magazine Usa, piega la figurazione accurata e puntuale all’emozione di un momento, in una città a stelle e strisce.
Ritraendo una via impigrita, in un pomeriggio metropolitano, questo quadro vuole esprimere il mood di una città e comunicarne la possanza sorniona, fuori dagli schemi di una metropoli contemporanea, tutta skyscraper. Non è un quadro che si propone di stupire ma un quadro che cerca di interpretare un’emozione urbana nella quale gli uomini, assenti, brulicano dovunque. Nascosti ma presenti, quindi.
Il terzo quadro (In the rain, nella pioggia) è una tela che non descrive un paesaggio o ritrae una persona. Ma è una complessa ma anche semplice sintesi emotiva: non descrive ma suggerisce. È, a suo modo, un quadro astratto. Dietro il vetro di questa finestra infatti, si individua una città senza vederla. È un quadro ammiccante, coinvolgente, che emette richiami volutamente nascosti, alla cui decifrazione chiama chi lo guarda che, in tal modo, si trova all’esterno e, contemporaneamente, all’interno del quadro stesso.
Marshall McLuhan, il fondatore della comunicazione contemporanea direbbe che è questo un «quadro caldo» e quindi inevitabilmente coinvolgente. Non descrive tutto anche se suggerisce tanto. Quello che gli manca, in termini di comunicazione esplicita, lo aggiunge chi lo guarda. Ognuno con la sua sensibilità, fantasia e cultura.
di Pierpaolo Albricci, ItaliaOggi