La procura sigla l’accordo per la rogatoria internazionale
Ci sono i segreti della finanza europea, e non solo, negli archivi della procura panamense, dove da due mesi sono custoditi in celle blindate i database sequestrati negli uffici di Juergen Mossack e Ramon Fonseca, i due consulenti legali arrestati nel febbraio scorso dopo lo scandalo dei «Panama Papers». Caso scoppiato grazie alle rivelazioni di un consorzio di giornalisti investigativi. Quegli hard disk, scrigno di Pandora di migliaia di patrimoni offshore, a breve saranno a disposizione dei magistrati di Torino che, insieme ai colleghi di Roma e Milano, indagano sulle oscure trame finanziarie che per anni hanno collegato l’Italia allo studio legale centroamericano. Studio specializzato nella «schermatura» di patrimoni illegali con la creazione di società offshore impermeabili ad ogni controllo, attraverso l’intermediazione di consulenti societari e istituti bancari. Come ad esempio la Commerzbank tedesca che nei mesi scorsi ha versato una multa di 17 milioni di euro al governo di Berlino per chiudere la partita con la magistratura, e non svelare i segreti lambiti dai Panama Papers. Ma ad aver usufruito dei servizi dello studio panamense sarebbero state più di 500 banche in tutto il mondo, con oltre 15.600 società offshore.
L’INTESA BILATERALE
Nei giorni scorsi, il 3 e il 4 aprile, negli uffici di Eurojust all’Aja, su sollecitazione delle autorità italiane e tedesche, Kenya Porcell, procuratore generale di Panama ha siglato accordi bilaterali per «scambiare informazioni di valore investigativo» con i magistrati italiani. Per la procura torinese ha partecipato il pm Antonio Rinaudo, accompagnato dagli investigatori della Guardia di Finanza. L’indagine torinese, ancorata sull’ipotesi di riciclaggio, punta soprattutto a svelare i percorsi finanziari che hanno permesso a centinaia di contribuenti di sfuggire al Fisco e di mettere al riparo i propri patrimoni in società offshore, fornite dallo studio Mossack e Fonseca. L’ipotesi di riciclaggio diventa contestabile grazie al fatto che i soldi affidati alla società di Panama sono il frutto di altri reati, quanto meno fiscali, se non addirittura il provento delle attività della criminalità organizzata e del traffico d’armi. Nei prossimi giorni partiranno le rogatorie per acquisire i dati offerti da Panama.
LE BANCHE
La procura torinese punta in alto. Da mesi sta indagando sullo studio legale fondato da Juergen Mossack, figlio di un ex ufficiale delle SS fuggito in Centro America dopo la Seconda guerra mondiale, e Ramon Fonseca, ex ministro ed ex consigliere del presidente panamense Juan Carlos Varela. La Finanza, infatti, si era imbattuta nella società prima dello scoop giornalistico, indagando sul trasferimento di capitali operato dal complice di un anestesista iraniano che aveva truffato il sistema sanitario e l’ospedale Molinette procurandosi una falsa invalidità. Successivamente, dopo la pubblicazione dell’inchiesta giornalistica, nata dalla sottrazione di milioni di dati ad opera di un dipendente dello studio, la procura ha acquisito dalle autorità tedesche l’intero database.
Su questo solco hanno continuato gli investigatori, rintracciando decine di contribuenti, tra cui molti torinesi, beneficiari dei servizi dello studio legale Mossack e Fonseca. Ma non direttamente. Bensì tramite consulenti, professionisti e commercialisti compiacenti esperti in triangolazioni internazionali. Intrecci che coinvolgerebbero vari istituti bancari con sedi nel Principato di Monaco, in Lussemburgo, in Liechtenstein e in Svizzera. A loro volta collegati, come si è scoperto in Germania, a molte banche italiane. Seguendo, ad esempio, le tracce lasciate dai soldi sottratti dal medico, la Finanza aveva individuato come intermediario la Compagnie Monégasque de Banque. Dall’analisi dei documenti finora in possesso, gli investigatori avrebbero rintracciato altri intermediari finanziari come la Cfm Indosuez Wealth sa di Monaco e la Société Européenne de Banque di Lussemburgo.
Panama papers’, nella lista 750 italiani
L’elenco complessivo di soggetti coinvolti nell’inchiesta ‘Panama papers’ comprende 750 italiani e nella quasi totalità dei casi si tratta di persone fisiche, a cui devono aggiungersi circa 300 bearers (soggetti che hanno il possesso delle entità offshore attraverso titoli al portatore) che sono oggetto di approfondimenti per la loro individuazione nominativa. Lo afferma il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, in audizione nella commissione Finanze della Camera.
Fisco, Orlandi: circa 750 italiani coinvolti in Panama Papers
Sono circa 750 gli italiani coinvolti nell’inchiesta per presunta evasione internazionale detta ‘Panama Papers‘. Lo ha rivelato la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, nel corso di un’audizione alla Camera dei deputati.Agenzia e Guardia di Finanza, ha spiegato, hanno “elaborato congiuntamente un elenco complessivo di soggetti italiani coinvolti nell’inchiesta i quali, attraverso la costituzione di entità offshore , hanno presumibilmente nascosto al fisco italiano rilevanti attività di natura finanziaria, detenute in altri Paesi non collaborativi, e di natura patrimoniale”.”L’elenco complessivo è composto da circa 750 soggetti individuati alcuni dei quali, peraltro, già emersi in altri contesti istruttori” ha proseguito Orlandi. “Nella quasi totalità dei casi si tratta di persone fisiche, a cui devono aggiungersi circa 300 bearers (soggetti che hanno il possesso delle entità offshore attraverso titoli al portatore) che sono oggetto di approfondimenti per la loro individuazione nominativa”.
Fisco: Orlandi, nel 2016 recupero evasione a 19 mld
Il direttore dell’agenzia delle Entrate: rispetto al 2015 (14,9 miliardi) si registra un aumento del 28% mentre rispetto al 2007 (6,4 miliardi) la cifra è triplicata
Ben 19 miliardi di evasione sono stati recuperati nel 2016. “Il maggiore risultato mai conseguito dall’Agenzia delle Entrate”. Il Direttore, Rossella Orlandi, ascoltata dalla commissione Finanze della Camera sulle tematiche relative al contrasto dell’evasione fiscale, ha dunque confermato, fornendo ulteriori particolari, le cifre già annunciate il 9 febbraio scorso insieme al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. “Rispetto al 2015 (14,9 miliardi) – ha aggiunto – si registra un aumento del 28% mentre rispetto al 2007 (6,4 miliardi) la cifra è triplicata”. Entrate che la Orlandi ha definito in parte “strutturali”, poiché comportano un significativo allargamento della base imponibile per gli anni futuri. Dei 19 miliardi complessivi ben 13,7 dipendono da versamenti diretti cioè da pagamenti che non hanno richiesto l’attivazione di procedure coattive. Un dato in crescita del 34%.
PANAMA PAPERS – L’Agenzia delle Entrate – si è inoltre appreso oggi durante l’audizione della Orlandi – ha elaborato un elenco di soggetti italiani coinvolti nell’inchiesta Panama Papers secondo il quale sarebbero 750 gli italiani che con la costituzione di entità offshore hanno presumibilmente nascosto al fisco italiano “rilevanti attività di natura finanziaria, detenute in altri Paesi non collaborativi, e di natura patrimoniale”.