Cupertino promette di impegnarsi a risolvere rapidamente ogni falla nella sicurezza dei suoi dispositivi. Anche Microsoft e Samsung commentano la pubblicazione dei documenti sulla piattaforma di Assange: «La protezione della privacy è una nostra priorità»
1.Nessun iPhone è al sicuro?
Nei diecimila documenti pubblicati su Wikileaks, le prove del sistemico cyber-spionaggio condotto dalla Cia tra il 2014 e il 2016, anche i dispositivi Apple mostrano vulnerabilità. Cupertino porta avanti la battaglia per protezione della privacy dei suoi utenti sin dall’ultimo storico scossone che ha investito le agenzie federali americane. Così come i più grandi colossi tecnologici mondiali. Era il 2013 e il giovane informatico Edward Snowden dimostra l’esistenza del programma PRISM, con cui l’Nsa (National Security Agency) portava avanti un sistema di sorveglianza di massa con l’aiuto di società come Google, Facebook, Microsoft, Yahoo. E la stessa Apple. Da lì, la decisione di utilizzare la crittografia per rendere i dispositivi inviolabili. Da potenziali criminali, da agenzie governative, ma anche dagli stessi tecnici della Mela. E ovviamente, la «collaborazione» con Cia e Nsa è stata interrotta bruscamente. Tanto che, quando l’Fbi ha chiesto a Apple di aiutarli nella creazione di una backdoor per poter vedere le informazioni contenute sull’iPhone di uno dei terroristi di San Bernardino, la risposta è stato un secco «No». Ora, con le rivelazione di Wikileaks, la tensione torna a mille. E le società che da anni cercano di smacchiare la propria reputazione tornano a fare i conti con la potenziale ansia del consumatore. Nessun dato è al sicuro quindi? Neanche su quegli smartphone che — assicura il produttore — sono stati resi inviolabili?
2.Apple: «Già risolto gran parte delle vulnerabilità»
Di risposte dalla Silicon Valley, riguardo alle rivelazioni di Wikileaks, ne sono arrivate. Ma la più completa e sostenuta è quella di Apple. Il 7 marzo, appena dopo la pubblicazione dei documenti, Cupertino rilascia una dichiarazione ufficiale per mettere il punto sulla sicurezza dei propri dispositivi e sul proprio impegno nella salvaguardia della privacy degli utenti. «La tecnologia che costituisce gli attuali iPhone — scrivono — rappresenta la migliore sicurezza a disposizione dei consumatori, e siamo continuamente al lavoro perché tale rimanga. I nostri prodotti e i nostri software sono fatti in modo da permettere miglioramenti nella sicurezza continui: l’80 per cento degli utenti utilizza l’ultima versione del nostro sistema operativo». Poi passa a commentare quei documenti che sostengono la presenza di profondi buchi nella sicurezza anche su ciò che esce dalle loro fabbriche: «Le nostre prime analisi hanno evidenziato che la maggior parte delle vulnerabilità rese pubbliche oggi sono state già risolte nell’ultimo iOS. Ci impegniamo a lavorare su ogni vulnerabilità identificata».
3.Samsung e Microsoft: «La sicurezza è una priorità»
Altre società hanno fatto dichiarazioni riguardo al programma di spionaggio della Cia. Più brevi e generici, puntano tutto sull’attenzione alla privacy degli utenti. Tra i dispositivi a rischio hackeraggio, ci sono alcuni modelli di smart tv Samsung: modelli usciti dalla produzione a fine 2014 che erano dotati di videocamera e microfono. «Proteggere la privacy dei consumatori e la sicurezza dei nostri dispositivi — si legge nel comunicato della casa coreana — è una delle nostre più alte priorità. Siamo consapevoli del report in questione e stiamo esaminando la questione con urgenza». Anche Microsoft ha rilasciato una dichiarazione, coinvolta perché nei documenti vengono citate vulnerabilità del sistema operativo Windows per Pc. Molto simile a quello di Samsung: «Siamo consapevoli del report e lo stiamo analizzando», ha detto un portavoce.
4.Google non risponde
Nessuna dichiarazione è arrivata finora da Google riguardo alle insinuazione che accusano il sistema operativo Android di essere vulnerabili al cyber-spionaggio della Cia, che avrebbe «penetrato, infestato e controllato» gli smartphone, citando poi i vari bug nella sicurezza dei software. Neanche Linux ha pubblicato reazioni: anche questo è un sistema operativo che — rivela Wikileaks — è soggetto ad «attacchi e controlli» e che quindi apre ad attacchi hacker i computer su cui è installato.
di Michela Rovelli, il Corriere della Sera