Paolo Brosio: «Durante un’orgia una voce mi ha salvato». Diceva: «Spalle al muro». Antonio Satta. MF.
Io rappresento un mondo che per Renzi non voterebbe mai. Massimo d’Alema. Corsera.
Renzi: Babboooooooooo!!! Jena.
Il partito della fazione ha preso il posto del partito della nazione. Claudio Cerasa.
«Il Pd alla ricerca di un nuovo segretario». «Possibilmente orfano». Elle Kappa. La Repubblica.
Renzi. Il giglio tragico. La Stampa.
Ero al cinema a vedere La La Land, solo che dopo 10 minuti hanno proiettato Moonlight. Milano Finanza.
Il medico tennista assenteista dell’ospedale di Loreto Mare: «Meglio furbetto del cartellino che nullafacente a tempo pieno». Di lavorare e basta, neanche a parlarne, eh? MF.
Grillo assiste angosciato all’amara farsa recitata dal sindaco di Roma, Virginia Raggi. Una graziosa e incapace creatura che da quasi un anno pasticcia nelle stanze del Campidoglio senza un briciolo di costrutto. La tipica acqua cheta che suscita amori e intrighi come Teodora di Bisanzio e, intanto, la spazzatura tracima in città. Giancarlo Perna, scrittore politico. La Verità.
Andrea Orlando, ministro della giustizia ed oggi candidato alla segreteria del Pd, darà alle primarie una parvenza di pluralismo democratico; perderà con onore; rinfoltirà la sua corrente di morbidi rivoluzionari; e, alla fine, probabilmente, riceverà un lauto premio di partecipazione, da guardasigilli in su. Francesco Specchia. Libero.
Non è certo il caso di dire che i democratici, con questa scissione, siano fi niti. Perché mai? Veltroni pesa forse meno di Bersani e Fassino meno di D’Alema? Loro ci sono, con Franceschini, Marini. Il Pd va avanti, c’è pluralità. Arturo Parisi, fondatore dell’Ulivo, la Repubblica.
«Dio ci perdoni per avere fatto il Pdl!». A dirlo è l’ex An Altero Matteoli, che fu fra i quattro partecipanti dal notaio alla nascita di quel partito unico. Matteoli che oggi è senatore di Forza Italia ha raccontato, senza giri di parole, come dal 2008 in poi il centrodestra si sia suicidato. Anzi, sia stato assassinato. Perché lui un colpevole ce l’ha, anche se non lo nomina «perché ho giurato di non citare mai più quel nome». Anche se non è difficile capire chi sia l’Innominato. Franco Bechis. Libero.
Non voglio mettere becco, caro Vendola, sul suo diritto di desiderare un figlio ma ho notato che, forse per la concitazione, lei non parla di doveri. In questi paese è un’abitudine, e non le apparterrà, parlare molto di diritti e poco di doveri. Ho infatti pensato a lungo alla frase in cui lei dice: «Non voglio fare di mio figlio una bandiera». Le fa onore. Ma suo figlio, purtroppo, è già una bandiera. Lo è dal momento in cui è diventato il figlio di Vendola, e ogni volta che lei ne parla in pubblico. Tutti sanno tutto di lui. Crescerà e saprà di essere stato un bambino e di essere diventato un caso. Saprà di non essere solo stato messo al mondo, ma in mezzo al mondo. Mattia Feltri. la Stampa.
Bruno Vespa ha una prostata di ferro: durante le maratone televisive, non va mai in bagno. Abilità mostruosa nella gestione dei rapporti e nella difesa del suo programma storico, Porta a porta. Intoccabile: tanti desideravano farlo fuori, nessuno ci ha mai provato seriamente. Una sicurezza d’acciaio nel suo cervello: «Sarò ancora qui quando voi non ci sarete più», di fronte a una dozzina, al minimo, di direttori generali e di consiglieri di amministrazione della Rai. Apprezzabile per l’equilibrio (fisiologicamente è governativo e attento, ma non devoto, a chi è al potere), un mix complicato tra qualità giornalistica, rispetto verso i potenti, esigenze dei telespettatori. Sia pur con qualche inevitabile infortunio, non si asservisce e raramente è arrogante. Cesare Lanza. Alle 5 della sera.
Per capire la nostra situazione basta chiosare un recente, spietato Economist. Riassumo alcune battute del lungo pezzo della Bibbia del liberismo: a) sostenitori e avversari considerano le multinazionali le più grandi predatrici mondiali; b) possiedono o gestiscono filiere produttive che movimentano il 50% del commercio, contribuendo con appena il 2% all’occupazione mondiale; c) i loro stessi padri le accusano di produrre diseguaglianza; d) gli accordi sovranazionali Tpp, Ttip sono falliti, gli arbitrati internazionali sono stati percepiti come modalità per aggirare i tribunali nazionali, sono ormai squalificate sul versante tasse e imposte. Riccardo Ruggeri. La Verità.
Goffredo Parise fu una di quelle amicizie che si decidono in pochi istanti. Ci presentarono, e diventammo amici per tutta la vita. Di lui mi piaceva persino il suo essere scontroso. Non poteva soffrire niente e nessuno… E lo dava a vedere. Scrisse i Sillabari nella sua casetta sul Piave. Lui lavorava in cucina, sotto una finestrella: «Da lì mi arrivano le chiacchiere del mondo, sapessi quanto lo disprezzo…», mi diceva. Nico Naldini, poeta, cugino di Pierpaolo Pasolini (Luigi Mascheroni). il Giornale.
Dovete immaginarvi lo spogliatoio alla fi ne della partita di calcio. Uno stanzone con le mura scrostate, macchie giallognole fi no al soffi tto, due attaccapanni storti e pieni di ruggine, tre docce da cui usciva solo acqua ghiacciata: l’aveva fatto costruire padre Oreste negli anni Settanta, sembra per poter sbirciare i ragazzini (ma non ci sono le prove del turpe sospetto). Fabrizio Roncone, La paura ti trova. Rizzoli, 2017.
Il ragazzo educato che ero, doveva affrontare a Buchenwald, un mondo senza educazione, dove non esistevano che dei rapporti di forza. La apparenze esteriori degli uni e degli altri erano scomparse. Non c’era che l’essere primitivo che morde, si batte, uccide persino. Mi sono dovuto ricostruire in un universo di distruzione, dove tutti i riferimenti morali e sociali erano scomparsi. I pregiudizi che avevano potuto abitarmi non hanno resistito per molto tempo. Hélie de Saint Marc, La champagne de braises. Perrin, 1995.
Mentre il frastuono si faceva furioso, Stefano, inginocchiato dietro il terrapieno, sparava con parsimonia, colpo su colpo, cercando di non sprecarne, come un contadino che spenda del suo. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 33ma edizione.
Passò la notte in bianco, con i pensieri che gli ronzavano nella testa silenziosi come un’ape prigioniera in una bottiglia. Guido Conti, Il tramonto sulla pianura. Guanda, 2005.
Esiste certamente un legame fra depressione e cancro. È scientificamente provato che su cento persone che vengono a sapere di avere il cancro, 95 smettono di ridere. Lia Celi. Non è solo un imbecille. È un imbecille prodigio. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
di Paolo Siepi, Italia Oggi