Le auto che si guidano da sole sono ormai una realtà. Ma non esistono ancora leggi che inquadrino il fenomeno. E stabiliscano, ad esempio, chi è responsabile dei problemi da queste causate. Ma ora a Bruxelles (e anche negli Stati Uniti) qualcosa finalmente si muove
L’era dei robot al posto degli uomini non è più così lontana. E ora tocca anche alla politica affrontare il tema. Così a Bruxelles, una volta tanto, provano a immaginarsi anche a livello legislativo come sarà il mondo del domani, dove le macchine svolgeranno un ruolo sempre più rilevante nelle attività oggi svolte dall’uomo.
Un esempio su tutti: se sulle nostre strade non sono già in circolazione autovetture che si guidano da sole è perché ancora non si è deciso come disciplinare la responsabilità civile e la liquidazione del danno in caso di incidenti. Se una macchina senza conducente investe una persona o danneggia un’altra vettura, non si saprebbe chi dovrebbe pagare.
Da questo genere di dubbi ha preso il via il lavoro della deputata lussemburghese Mady Delvaux che ha presentato al Parlamento europeo un primo documento al quale hanno poi contribuito molte commissioni, come ci racconta l’eurodeputato del Movimento 5 stelle, Dario Tamburrano, e che dovrà essere votato il prossimo 16 febbraio nella plenaria di Strasburgo.
Si tratta di un testo importante, ma che è solo una raccomandazione alla Commissione europea affinché arrivi presto alla stesura di una legislazione europea sulla robotica.
Per una volta il legislatore prova a governare in anticipo il progresso tecnologico, anziché arrivare dopo che sono nati i problemi. A spiegarlo nel dettaglio è la professoressa Erica Palmerini dell’Istituto Sant’Anna di Pisa, che insieme ad altre quattro università internazionali, ha partecipato a RoboLaw, un progetto finanziato dall’Unione Europea per tracciare le linee guida di una legislazione sui robot orientata a definire, per la prima volta, “diritti” e “responsabilità” di dispositivi come droni ed esoscheletri. Lo studio ha affrontato le problematiche concrete di quattro tecnologie utilizzando un metodo analitico. In particolare si è puntata la lente di ingrandimento sui robot chirurgici, sui veicoli autonomi, sui robot per la cura domestica e sulle protesi neuro biotiche. Nel documento si analizzano temi come responsabilità, privacy, classificazione legale e assicurazione dei dispositivi robotici.
«Lo scopo delle nostre raccomandazioni è quello di far capire che un quadro legislativo chiaro potrebbe accompagnare lo sviluppo di questo mercato. L’esempio più eclatante è proprio quello dei veicoli autonomi già allo studio di alcune case automobilistiche» spiega Palmerini, e alla domanda su quale potrebbe essere la soluzione, non esita a rispondere che «bisognerebbe studiare un adattamento dell’assicurazione obbligatoria, dotando ogni vettura di un fondo patrimoniale da utilizzare nel caso di liquidazione dei sinistri. Ma finché queste macchine non circoleranno su strada sarà complicato poter calcolare dei premi assicurativi adeguati».
La soluzione sembra comunque quella di dotare le macchine di una personalità giuridica con patrimonio autonomo, proprio come avviene nel diritto societario.
Quello che si sta discutendo al Parlamento è, in assoluto, il primo tentativo di dare una legislazione completa al settore della robotica. Altri Paesi hanno provato ad intervenire sulla materia con interventi limitati. Dal 2003 in Giappone esistono delle “zone speciali robotiche” dette Tokku zone dove è consentito il test dei robot in ambienti reali. Un esperimento simile è in corso all’Università olandese di Twente. In questi esempi la legge ha creato delle aree dove poter capire i reali problemi che possono sorgere dall’interazione dei robot negli ambienti umani.
In altri casi, si è ragionato su problemi concreti. Negli ultimi mesi dell’amministrazione Obama, il governo statunitense si è interrogato sull’opportunità di intervenire per disciplinare la circolazione dei veicoli autonomi, dopo che una Google car aveva provocato un incidente stradale. Tuttavia neppure gli Stati Uniti sono arrivati a nulla, facendo ricadere la responsabilità sul produttore.
Sul tema alcuni stati americani come Nevada, Florida, California, Michigan hanno approvato leggi che consentono la circolazione in via sperimentale di veicoli autonomi con regole ad hoc che riguardano lo speciale permesso che legittima la circolazione dei veicoli, e la presenza di alcuni dispositivi di sicurezza, come la permanenza a bordo di una persona che possa assumere il controllo della vettura in caso di necessità, i profili della responsabilità, gli aspetti assicurativi, l’obbligo di segnalare agli altri guidatori tramite speciali targhe che si tratta di veicoli autonomi, la dotazione di scatole nere in grado di trasmettere i dati alle autorità competenti e con possibilità di circolare solo in alcune zone.
Ma in questo scenario non ci sono solo luci e a Bruxelles se ne sono accorti. Lo sviluppo della robotica porterà inevitabilmente ad un calo occupazionale. Nel 2020, si legge nella relazione, in Europa ci saranno circa 825mila posti di lavoro in meno. Ed è proprio Dario Tamburrano ad aprire una riflessione sul punto. «Già oggi i casellanti sono stati sostituiti dalle macchinette e in alcuni supermercati stanno sparendo le cassiere. L’aumento della disoccupazione che in molti attribuiscono ai fenomeni migratori è da ascrivere in realtà a due fattori concorrenti degli ultimi decenni: l’automazione sempre più spinta per cui si producono più beni con sempre minore manodopera, e la delocalizzazione legata alla globalizzazione e al liberismo».
In questo contesto, è la proposta dell’esponente del Movimento 5 stelle, è necessario arrivare per tempo a un reddito di cittadinanza da finanziare con il plusvalore generato dall’uso dei robot. Dopo i robot che lavorano al posto nostro, si potrebbe arrivare così ai robot che pagano la nostra pensione.
Sara Dellabella, L’Espresso