La banca centrale cinese lancera’ un’inchiesta sulle piattaforme di trading che scambiano online la bitcoin, la valuta virtuale o criptovaluta, lanciata nel 2009 e che non ha una banca centrale alle spalle. L’annuncio affonda il valore della bitcoin, che crolla del 15% a 752 dollari. La settimana scorsa la bitocoin era volata al nuovo livello record di 1.165,89 dollari, per poi arretrare sotto quota 1.000, per le incertezze sulla tenuta della Trumpnomics e per il rafforzamento dello yuan. La recente ascesa vertiginosa della bitcoin e’ fortemente legata alla Cina, dove si concentra il 50% della criptovaluta. E proprio dalla Cina arriva la notizia che la Pboc, la banca centrale, e le autorita’ municipali di Pechino e Shanghai hanno inviato degli ispettori negli uffici che trattano gli scambi di bitcoin in Cina. Gli ispettori dovranno verificare se le attivita’ delle piattaforme rispettano le norme che regolamentano gli scambi valutari e i rischi finanziari. La natura di virtuale della bitcoin non agevola l’inchiesta, anche perche’ molti considerano la moneta elettronica piu’ una commodity che una valuta. In Cina gli investitori, sulla scia della svalutazione dello yuan, acquistano bitcoin per aggirare le nuove restrizioni sui movimenti di capitali all’estero. Si tratta di restrizioni che si aggiungono al divieto precedente di acquistare dollari a livello individuale per un importo superiore ai 50.000 biglietti verdi all’anno. Le tre principale piattaforme cinesi sono BTC China, Okcoin e Huobi e, secondo il sito bitcoinity.org, rappresentano circa il 98% degli scambi mondiali della criptovaluta. Su BTC China, la piu’ grossa piattaforma mondiale di bitcoin, il volume quotidiano di scambi e’ salito fino a 27,8 miliardi di yuan (3,9 miliardi di euro), contro 1 miliardo di yuan del settembre scorso. Non e’ un caso che nello stesso periodo il valore della bitcoin sia salito del 70%.