Il fondo Atlante2 ha un compito pesante, ma trasporta sulle spalle un sacco leggero. Anzi, pieno di buchi e quasi vuoto, e quindi sostanzialmente poco utile al compito che si è prefissato: intervenire nelle banche malate (principalmente Mps e le due venete) e tirarle fuori stabilmente dai guai. E il sacco è vuoto perché tanti sono riluttanti a fare il bis dopo aver già contribuito ad Atlante1. In particolare la ritirata delle banche internazionali, su tutte Bnl-Paribas e Cariparma-Credit Agricole, ha irritato non poco Giuseppe Guzzetti, che le ha accusate di non aver messo i soldi necessari nonostante “operino nel paese e abbiano sofferenze”. Sul banco degli imputati il presidente della Fondazione Cariplo e dell’Acri ha messo anche Generali, che ha sferzato con un impietoso, a suo dire, paragone con i tedeschi di Allianz: “Loro si sono comportati con serietà”.
Una lavagna con i buoni e cattivi è però un esercizio rischioso. Perché può capitare che addirittura dietro la lavagna ci finiscano i maestri. Così non può passare inosservato il coro di sommesse critiche che si levano nei confronti dell’intera operazione di intervento sugli istituti in difficoltà. Qualcuno ad esempio rileva come sia quantomeno strano che il fondo Atlante abbia ricapitalizzato la Popolare Vicenza e Veneto Banca e ne abbia ristrutturato solo parzialmente il management, astenendosi dall’esercitarne poi un controllo sull’operato. Altri rilevano come gli stessi due istituti ora in parte ricapitalizzati stiano facendo raccolta sul mercato con una sorta di dumping sugli interessi corrisposti ai correntisti. Con il risultato che i tassi sensibilmente più elevati della norma stanno causando un esodo della clientela da quelle stesse banche che hanno finanziato Vicenza e Veneto Banca. Qualche analista si domanda se prima di intervenire sul Monte dei Paschi non sia il caso di chiarire come regolarsi su possessori di bond, dal momento che non si esclude una conversione dei bond in azioni: qualcuno potrebbe quindi pagare due volte il soccorso. Altri ancora si chiedono addirittura se abbia ragione di esistere il meccanismo del bail-in.
“La realtà – si sussurra tra le fila di molti top manager – è che il bail-in è stato sovrastimato in termini di conseguenze, col risultato che si salvano banche decotte e si butta via denaro”. Critiche a volte comprensibili, a volte forse strumentali. Che sarebbe facile contrastare se si vedesse finalmente un’accelerazione nei progetti di aggregazione tra istituti, magari dolorosi in termini di poltrone o prebende, ma capaci di creare soggetti in grado di stare in piedi da soli. Adesso i cda di Vicenza e Veneto Banca hanno fatto sapere che ne stanno discutendo, e il fondo Quaestio che gestisce Atlante li sollecita ad andare avanti.Ma deve essere un processo rapido e costante, non un annuncio di facciata. Perché anche un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno. Ma sui mercati l’escamotage non funziona.
Repubblica